
Nella ‘mangiatoia’ si inizia a mangiar male? Mentre in città prolifera l’offerta enogastronomica, in diversi hanno percepito un calo della qualità dei piatti: percezione fondata o meno? Lo abbiamo chiesto a un esperto del settore: Massimiliano Bertagna, alias Fishbone Chef: una carriera di oltre 30 anni anni fra Spezia, varie località d’Italia e dell’estero.
Ha fatto un post sulla sua pagina in cui ha dimostrato il suo disappunto riguardo un piatto di pasta che le è stato servito in città. Perché?
"Mi è capitato di mangiare in città un paio di volte nell’ultimo mese e ho dovuto riscontrare un problema grosso: non voglio dare giudizi, ma da persona che lavora nel settore ho riscontrato poca cura e poca attenzione, dal gusto all’impiattamento. Mi sono stati serviti dei paccheri obbrobriosi, senza poesia né amore, a partire dall’utilizzo del sale, dell’aglio e del prezzemolo, in cui i frutti di mare erano buttati sopra un pomodoro non cotto. Offrire questo agli spezzini e a chi viene qui mi sembra veramente antipatico: non fai conoscere la tua terra, la storia, né le valorizzi. E poi, tutti ormai fanno la tagliata di tonno, il polpo croccante, ma in quanti la seppia in zimino o i mandilli al pesto, che invece ho potuto gustare a Genova?".
Si parla di calo della qualità dell’offerta. È d’accordo?
"Alla Spezia, da 5-6 anni si sono tutti quanti seduti sul giochino delle crociere e dei turisti, mandrie che girano e comunque vanno a mangiare e bere nei locali: si è aperta una fetta di mercato enorme e in molti ne hanno approfittato. Io non ho la verità in tasca, parlo per amore della cucina e del mio lavoro, ma ho notato questo, oltre che un calo di qualità. Inoltre, se faccio cucina tradizionale devo distinguere fra il sugo di muscoli alla spezzina e gli spaghetti ai muscoli bianchi con aglio e prezzemolo, ricetta che appartiene a tante località d’Italia".
Quali sono i problemi che spingono a questo, secondo lei?
"Spezzo una lancia a favore dei ristoratori: negli ultimi due anni i costi sono lievitati e gestire un locale fra tasse e burocrazia non è facile. Bisogna giostrarsi e qualcuno lima le spese a scapito della qualità. Inoltre, oggi ci sono 50 ristoranti dove prima ce n’erano dieci e se si lavora sui grandi numeri e non sulla cura, chi è impreparato si vede ancora di più quando è inverno". Come se ne esce, quindi?
"Cercando di mettere la retromarcia: guardar meno Masterchef e parlare di più con le nonne, dato che la nostra tradizione è lì. Bisogna riportarla in auge, unendo modernità e radici e penso che sarebbe importante un attestato da parte dell’assessorato al turismo dei locali che questa tradizione la tutelano e la mantengono".
Chiara Tenca