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"Che emozione vedere mio figlio vincere"

I ricordi di Gianni Casali, bandiera della borgata Canaletto: "Non avessi smesso a 25 anni sarei il vogatore con più successi di tutti"

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Il Palio è storia, tradizione marinara e rivalità, un ambiente che racchiude quasi 100 anni di aneddoti di vita trascorsa con il pensiero della prima domenica di agosto in cima alle priorità.

Ci sono personalità che hanno accompagnato questa competizione passo dopo passo nel percorso di crescita e di sviluppo di questo sport, uomini che per carattere e astuzia ci hanno messo la passione e la malizia di navigati lupi di mare. Tra questi c’è sicuramente Gianni Casali, 77 anni e da quasi 50 capoborgata del Canaletto, uno che quando lo incontri ti racconta vita, morte e miracoli del Palio perché è e sarà per sempre parte della sua vita.

Qual è il ricordo più nitido che hai del tuo passato da vogatore?

"Nel Palio ne ho viste di tutti i colori. Uno dei miei primi ricordi si riferisce al 1964. Ero cresciuto a Canaletto e vogavo lì con un gruppo di amici ma avevamo una barca che pesava più di 140 chili e al Palio eravamo penalizzati rispetto agli altri perché ci portavamo dietro 10 chili in più ed era impossibile vincere. Ci chiamarono a Santerenzo che aveva la barca nuova grazie ad un regalo del senatore Bibolini di due anni prima. Pensa che per motivi politici quella barca fu danneggiata da una bomba per pescare. Quell’armo fu riparato e noi ci presentammo al Palio con quell’imbarcazione vincendo e portando un soddisfazione immensa alla borgata di Santerenzo. Vincemmo tutte le gare compreso il Palio e avevamo ribattezzato la barca Ribot, come il cavallo imbattibile. L’anno dopo tornai a Canaletto e vincemmo altri Palii consecutivi. Poi all’età di 25 anni dopo aver vinto 5 volte consecutive mi ritirai per il lavoro e per costruirmi una famiglia. Erano altri tempi. Mi è rimasto un po’ di rammarico. Se avessi continuato a gareggiare di sicuro sarei il vogatore con più vittorie, anche più di Paolo LaValle.

A proposito di Paolo LaValle, uno che ha fatto la storia del Palio con i suoi undici successi. Il vostro è sempre stato un rapporto di amore e odio. Come mai?

"Non direi, ma di sicuro lui deve molto ai miei insegnamenti. È cresciuto al Canaletto e sono stato un secondo padre per lui, insegnandogli il mestiere del vogatore anche nelle sue dinamiche più nascoste. Non ho condiviso molte scelte che lui ha fatto nella sua carriera e a volte alcuni suoi comportamenti, ma lui è fatto così. Voglio ricordare i bei momenti trascorsi insieme. È stato un vero animale da Palio".

Qual è la soddisfazione più bella e la più grande delusione che ti ha dato il mondo del Palio?

"Sono stato felicissimo quando ho visto mio figlio vincere il Palio nel Canaletto. Da padre è stata un’emozione indescrivibile. La cosa che mi ha fatto più male è stato vedere il doping macchiare l’immagine del Palio. Per me è inconcepibile. Al ciclista Armstrong hanno tolto addirittura le vittorie del Tour de France per doping. Sarebbe una estrema conseguenza ma non possiamo permetterci più episodi di questo tipo per il fascino e la storia del Palio del Golfo".

Sono passati due anni dalla regola dei 5 Palii a bordo. Con il senno di poi è stato un azzardo o una scelta consapevole?

"Io sono stato tra i promotori di questa regola. È giusto così per il bene di questo sport e per tutelare tutte le borgate, anche quelle più piccole e con meno potenzialità. Già in passato quando venne a vogare Cavallini a inizio anni Novanta ero stato tra i promotori della modifica al regolamento per evitare che vogatori non residenti nella nostra provincia venissero a monopolizzare il Palio e sovvertire le nostre tradizioni. Per me il Palio è prima di tutto passione delle borgate e questa è la prima cosa che va tutelata".

Gianluca Tinfena