FRANCO ANTOLA
Cronaca

Belvedere sulla ciminiera?. La riconversione Enel vista dagli architetti: "Serve un piano generale"

Professionisti a confronto sull’idea di valorizzare l’area in chiave di archeologia industriale "Suggestione interessante, ma evitiamo l’effetto di una cattedrale incoerente con l’insieme".

Belvedere sulla ciminiera?. La riconversione Enel vista dagli architetti: "Serve un piano generale"

Belvedere sulla ciminiera?. La riconversione Enel vista dagli architetti: "Serve un piano generale"

Da lassù, a 220 metri di altezza, il colpo d’occhio sarebbe sicuramente da brivido: davanti, l’ampia insenatura del Golfo, alle spalle l’entroterra, con lo sguardo a spaziare verso la collina, ma anche oltre, verso Sarzana e le propaggini della Versilia. Più vicino, lo skyline della città incorniciata dai colli. Un quadro da mozzare il fiato, non c’è dubbio. Avrebbe un senso, oggi, riconvertire in questa chiave il camino dei ’fumi’ Enel, trasformandolo in un belvedere capace di deliziare anche i più esigenti cacciatori di panorami? A vagheggiare quell’idea, qualcuno c’è, e non ne fa mistero, senza peraltro nascondersi le difficoltà legate, più che alla fattibilità tecnica del progetto, alla coerenza di una simile destinazione con un contesto ancora tutto da disegnare. Sì, perché di certezze sul futuro dell’area allo stato ce ne sono ben poche, soprattutto dopo il ’disimpegno’ della società dal programma idrogeno, che ha lasciato sul tavolo, per ora, solo il progetto di un grande impianto fotovoltaico collegato a un sistema di accumulo a batteria da 21 megawatt.

E la sorte della ciminiera, sulla carta, è segnata: demolizione entro il 2025. L’idea di una mega torre panoramica ha una sua suggestione, ma non convince tutti. A cominciare dai chi si occupa di progettazione e pianificazione urbanistica. Il timore, infatti, è quello di ritrovarsi con una specie di cattedrale del tutto decontestualizzata e incoerente con l’insieme, fatto appunto di pannelli solari e chissà quali altre strutture industriali. Perplessità e dubbi che fa propri Massimiliano Alì, presidente dell’Ordine degli architetti pianificatori, paesaggisti e conservatori della provincia. "Parlare di un progetto che ancora non esiste è impossibile – premette –. Quello che posso dire è che prima di tutto l’area interessata dovrebbe essere oggetto di un attento inquadramento, distinguendo ciò che è vincolato da quello che non lo è. Dopo di che tutto diventa molto soggettivo. Un punto panoramico sulla ex ciminiera? Mi verrebbe da dire che se vado a Montalbano vedo più o meno le stesse cose. A parte questo, penso si debba ragionare partendo da un inquadramento più generale del progetto, che eventualmente può essere valutato ma solo nel suo complesso, non come singolo elemento. Non mi piacerebbe vedere una distesa di pannelli fotovoltaici, questo è certo. Quelle cose si fanno nei deserti del Nevada, qui da noi andrebbe elaborato piuttosto un progetto di riconversione industriale, perché dobbiamo pensare al futuro e un campo solare non è sicuramente la migliore soluzione". "Oggi esistono molte tecnologie e sul fotovoltaico ultimamente si è discusso in molti convegni – aggiunge Alì –, qualcuno li ipotizza in ambito marino. Detto questo, più che sulla conservazione del singolo elemento è meglio ragionare sulla riconversione generale dell’area. In questo momento si sta lavorando sullo smantellamento del nastro trasportatore, ecco magari quello avrebbe potuto meritare una riflessione in termini di recupero, ma una torre panoramica fine a se stessa in quel punto, mi convince assai meno".

Tesi molto vicine a quelle di Carlo Alberto Cozzani, architetto e docente universitario. "Secondo me la questione di un recupero della ciminiera è più complessa, il progetto andrebbe contestualizzato. Un oggetto come quello, senza nulla intorno, privo di un organico disegno di recupero, avrebbe poco senso. Un architetto giapponese, in un contesto del genere, ci ha fatto un albergo, un sudafricano un complesso di hotel e residence, il tutto però in uno scenario che non è più industriale. Può restare anche un simbolo come la ciminiera, certo, ma sarebbe un oggetto da restaurare, mantenere e gestire. Il concetto di restauro oltretutto è cambiato. Se il vecchio camino è l’emblema di qualcosa, ci si può lavorare. Potrei non demolirla, ma si tratta di capire come e perché deve restare in piedi. Una struttura fine a se stessa, come semplice oggetto della memoria, dice poco. La ciminiera non si porta dietro una storia di archeologia industriale. Se si crea un sistema funzionale, invece, ci si può lavorare. Personalmente dico no a un’architettura fine a se stessa, deve essere sempre in funzione di un disegno complessivo. La Ruhr in Germania è diventata un centro per le arti moderne, ma inserita in un contesto perfettamente coerente. Il mantenimento della ciminiera, così, ha un senso se il recupero riguarda tutta la centrale, altrimenti diventa un gioco e in architettura non si gioca. L’architettura, lo dico sempre, non è mediabile".