ELENA SACCHELLI
Cronaca

"A muovermi è sempre lo stupore"

Da programmatore a poeta: le due vite di Mercadini, domani in scena alla Vaccari con ’Moby Dick’

Da programmatore a poeta: le due vite di Mercadini, domani in scena alla Vaccari con ’Moby Dick’

Da programmatore a poeta: le due vite di Mercadini, domani in scena alla Vaccari con ’Moby Dick’

Divulgatore, narratore, autore, poeta e youtuber, domani sera, alle 21.15, Roberto Mercadini porterà in scena ’Moby Dick (sebbene in molti abbiano tentato), all’Opificio Calibratura dell’ex Vaccari nell’ambito della rassegna Su il Sipario!. Uno spettacolo da lui scritto e prodotto che vuole andare oltre la trama del noto romanzo di Herman Melville che vede Achab, il capitano di una baleniera, alla disperata ricerca di un enorme capodoglio bianco, verso cui nutre sete di vendetta.

Mercadini, lei ha definito il capolavoro di Melville un romanzo che non può essere narrato. Cosa può fare allora un narratore in un tempo limitato, cioè quello dello spettacolo?

"Quello che porterò in scena è un monologo in cui racconterò anche la trama che, aldilà della lunghezza del romanzo, è piuttosto esile. La cosa più interessante di quel testo è però per me l’esplosione del linguaggio e della narrazione. Melville cambia stile in ogni capitolo, con disgressioni e dilungazioni tecniche, filosofiche, comiche e anche epiche. Come se l’autore avesse voluto far vedere cosa si può fare con le parole, ed è proprio questo l’aspetto su cui mi concentrerò maggiormente".

Lei è anche un ingegnere elettronico e per anni ha lavorato come informatico. Cosa l’ha spinta a dedicarsi a tempo pieno alla divulgazione e a lasciare il suo lavoro?

"Sì, ho lavorato come informatico e quel mestiere da programmatore per diverso tempo mi ha anche entusiasmato, anche se l’ho sempre affiancato alla poesia e ai monologhi. È come se per un certo tempo avessi condotto due vite parallele, anche perché i miei colleghi non venivano a vedermi quando mi esibivo e le persone da cui ero circondato a livello artistico non capivano nulla di informatica. La cosa bella è che quando avevo una delusione in una delle mie due vite, spesso potevo consolarmi con un successo nell’altra. Col tempo, ho realizzato che non potevo portarle avanti entrambe, perché l’attività artistica mi richiedeva un impegno a tempo pieno".

Quanto influisce la sua formazione ingegneristica sulla scelta dei temi che decide di portare all’attenzione del pubblico?

"Poco sulla scelta dei temi, ma molto sulla modalità di trattazione. Io scelgo di analizzare argomenti che mi stupiscono, cose chi mi spiazzano e le posso trovare tanto nella botanica come nella filosofia. A muovermi è sempre lo stupore, il sentire lo stimolo di approfondire. Se qualcosa mi meraviglia allora quello è l’argomento giusto. Ma nel modo analitico di affrontare ciascun tema, in maniera ordinata, razionale e consequenziale, in cui nulla è lasciato al caso, direi che la mia formazione ha influito molto".

Lei ha parlato spesso dell’importanza per un narratore di saper ascoltare il pubblico. Le è mai capitato di trovarsi in difficoltà?

"Certo, specialmente all’inizio quando non mi esibivo a teatro e capitava che le persone si trovassero lì per caso. Qualcuno tra il pubblico che parla con il vicino o intento a consultare il cellulare può essere fonte di difficoltà. Anche se si tratta di un monologo, tu stai cercando ti stabilire una connessione con chi ti ascolta e in questi casi capita di sentirsi spiazzato e di fare fatica a continuare".

Come fare quindi in questi casi?

"Parto dal presupposto che non posso sapere chi ho davanti. Magari chi sta controllando il telefono ha un parente malato a casa, si è preso una serata libera, ma non può fare altrimenti. Non è facile, ma ho imparato ad andare avanti".

Elena Sacchelli