Vincenzo Barberini detto il Brencio. La sua vita, da Cana a Baccinello

Vincenzo Barberini, detto Brencio, vive una vita di fatiche ma riesce a recuperare la serenità. La sua ricetta per campare così? Lavoro e vino, ma di vite. Un uomo rude ma burlone, amante dei cibi genuini e dell'aria aperta. La sua ricompensa: l'affetto della famiglia.

Ci sono storie che, in un periodo come questo carico di tragedie umane, restituiscono un minimo di spensieratezza. Come quella di Vincenzo Barberini, detto Brencio. Nato a Cana il primo dicembre 1872, morirà cento anni dopo a Baccinello. Ma innanzitutto, da vero maremmano, Brencio attraversa enormi fatiche. Nei primi del ’900 ogni estate scende al piano per fare la stagione, mangiando pan molle e bevendo l’acqua dell’Ombrone, poi è colono a Scansano, lavora anche nella miniera di lignite di Baccinello sotto l’Ansaldo e la Valdarno . Sposa Corinna Fabbreschi, che perderà nel 1924.Da quando smette di lavorare, vuole dunque recuperare la serenità. Chi va a trovarlo, lo scorge riverso in un campo al sole, immobile, da crederlo morto. Invece, come dice lui, sta benone. Alla domanda: "Quale ricetta suggerisce per campare così?" senza esitazione risponde: "Lavoro e vino, ma di vite mi raccomando, e sempre più del secondo che del primo". Questo è Brencio, uomo rude ma burlone, nemico del latte e delle smancerie, amante dei cibi genuini e dell’aria aperta, quasi un antesignano di Mauro Corona, anche se non ha scritto libri. In compenso ha avuto l’affetto della famiglia, di cinque figli e dei tanti nipoti. Ed è questo che più conta nella vita, alla fine. Rossano Marzocchi