REDAZIONE GROSSETO

La ex Sitoco da area abbandonata a «green city» tra hotel, negozi e terme

Un nuovo gruppo di lavoro per la bonifica dell’area industriale di Orbetello Scalo:i l problema sono i 450 mila metri cubi di «materiale da gestire», gli impianti da smontare e le coperture in amianto. In ballo c’è un progetto faraonico

La ex Sitoco di Orbetello Scalo: potrebbe diventare un grande centro con hotel, negozi e terme

Orbetello Scalo (Grosseto), 11 maggio 2015 - Un nuovo gruppo di lavoro per l’area ex Sitoco di Orbetello Scalo. Le novità introdotte nella normativa che ridefinisce i criteri di rifiuti inquinanti e inquinati potrebbe ridurre, e non di poco, la quantità di rifiuti e di materiali da smaltire e da gestire anche per questo complesso industriale dismesso ormai da più di vent’anni, che attende ancora la bonifica. Così i proprietari hanno fatto un nuovo sopralluogo e hanno incaricato un team tecnico per capire se il nuovo quadro di riferimento possa consentire di ridurre i costi di un’operazione faraonica. Ma non ci può essere bonifica se prima non sarà chiaro cosa quell’area potrà diventare. La società che l’ha acquistata nel 2004, Laguna Azzurra Srl, in undici anni ha già speso 25 milioni di euro per mettere l’area in sicurezza e mantenerla in questo stato. Tre anni fa ha elaborato una proposta di riqualificazione che da allora sta aspettando risposte dalla politica, a vari livelli (regionale, provinciale, comunale).

L’area ex Sitoco si estende su quaranta ettari, dodici dei quali edificati per un volume complessivo di oltre 400mila metri cubi. Il problema sono i 450mila metri cubi di «materiale da gestire», per due terzi in area privata e per un terzo in area pubblica, gli impianti da smontare e le coperture in amianto. Per capire di cosa si tratta, lo stabilimento fu realizzato all’inizio del Novecento dalla Montecatini di Milano. Ha attraversato varie fasi, tra cui quella legata alla produzione di concimi chimici. Negli anni Novanta ha chiuso i battenti e da allora l’intero complesso industriale è rimasto lì.

Uno scenario suggestivo e inquietante che ormai da oltre vent’anni completa il profilo della laguna e che senza la dovuta manutenzione può tradursi in una vera bomba ecologica. Nel 2004 viene acquistato all’asta da Laguna Azzurra, una srl che ha sede a Roma e che al tempo apparteneva per metà a cooperative, tra cui il Consorzio Etruria, e per metà a investitori privati di provenienza campana. Dopo le prime opere di caratterizzazione, studio e messa in sicurezza, la società entra in crisi ed è in quel momento che è chiamata ad entrare nella compagine la Cmsa di Montecatini Terme, una cooperativa tra le prime in Italia nel settore dell’edilizia, che ha un fatturato intorno ai cento milioni di euro.

Hanno un settore che si occupa di bonifiche e che è in grado di mettere in campo tecnologie importanti. E così Cmsa entra in Laguna Azzurra nel 2009, acquistando il 41 per cento della società che per l’altro 59 è diviso in diverse misure tra Clea di Venezia, Indacoo di Piacenza e una quota al Consorzio Cooperative Costruzioni che ha sede a Bologna. La nuova compagine sociale produce un master plan dell’area, un documento di indirizzo strategico che sviluppa un’ipotesi complessiva sulla programmazione di un territorio. Il passo successivo dovrebbe essere la progettazione vera e propria, ma per procedere serve che le istituzioni diano il loro ok. E ancora non lo hanno fatto. «Abbiamo già perso più di un’occasione importante – ci spiega l’amministratore delegato di Laguna Azzurra, Massimo Mucci Beltrami – un fondo di pensioni svizzero che era pronto a investire sulla nostra idea di riqualificazione. Ma pretendevano tempi certi e, dato che non eravamo in condizione di indicarli, hanno investito i loro soldi da un’altra parte».

È chiaro che in assenza di investimenti pubblici l’unica possibilità che ha la ex Sitoco è quella di attirare investimenti privati e, come ha già dimostrato, l’ipotesi di Laguna Azzurra sarebbe in grado di farlo. Una green city estesa su una superficie di 80mila metri quadri per circa 240mila metri cubi di volumetrie. Si tratta di 10mila metri quadri per un hotel, 3mila di negozi, 18mila di senior community (una specie di residence per pensionati benestanti), 8mila di servizi tra spa e attività per il tempo libero accessibili anche a esterni, 24mila di prime e seconde case (il 30 per cento della superficie totale), 17mila per un altro hotel. A questo si aggiungono gli spazi pubblici: centro congressi, area parcheggi e attività legate alla laguna. Resta il problema di come smaltire quei 450mila metri cubi di materiali. Tra le varie ipotesi quella ritenuta meno impattante è il trattamento e lo stoccaggio definitivo sul posto.

Riccardo Bruni