FOLLONICAUna serata fatta di emozioni, ricordi e risate. È quella andata in scena mercoledì al Golfo del Sole, dove il campione del mondo Luca Toni è stato ospite d’onore della cena inaugurale della stagione degli eventi estivi, organizzata al ristorante La Duna. L’ex bomber di Palermo, Fiorentina, Juventus, Bayern Monaco ha aperto la serata con un talk davanti ai tifosi, dove tra ricordi e aneddoti ha ripercorso la propria carriera dagli esordi fino al trionfo al Mondiale del 2006. "Sono cresciuto in un paesino collinare in provincia di Modena, Serramazzoni – racconta –, di circa 5000 abitanti. Non avevamo la PlayStation e i mille giochi di oggi. Giocavo con mio fratello più grande nei campetti del paese. Perché ho scelto il calcio? Era semplicemente una passione, ma ho avuto la fortuna di trasformarla nel mio lavoro. E quando trasformi una passione in lavoro, in fondo, non stai mai lavorando. È una gioia. Ho avuto la fortuna dopo di poter intraprendere questa carriera che mi ha portato tante gioie e soddisfazioni". Un viaggio nella memoria che ha toccato anche uno dei tratti più iconici del personaggio di Luca Toni: la sua esultanza. "È nata a Palermo, dopo un periodo in cui non segnavo – spiega pescando nei ricordi Luca Toni – Ero a cena con amici, uno mi fece questo gesto, come per dire ‘Hai visto che bello?’. Così gli dissi: se segno domenica, lo faccio anche io. Ho segnato, ho fatto quel gesto e da lì è diventato il mio marchio per l’esultanza. La cosa bella è che oggi, quando vado a vedere giocare mio figlio, vedo i bambini che lo fanno". Infine il ricordo del Mondiale 2006, vinto ai rigori dalla Nazionale Italiana contro la Francia. "Prima del Mondiale c’era stato Calciopoli, nessuno ci voleva – ricorda ancora l’ex giocatore –, dicevano che facevamo schifo. A Coverciano ci lanciavano le bombe carta, i politici non volevano Lippi e i giocatori della Juventus. Poi dopo un mese, ci hanno accolto con le frecce tricolori, ci chiamarono in Parlamento e ci fecero Cavalieri. Il calcio fa miracoli, davvero.Ho visto piangere bambini di 9 anni e signori di 80. Non sapevano come ringraziarc - conclude - , ma la verità è che eravamo commossi anche noi. Abbiamo dato una gioia immensa e ne abbiamo ricevuta altrettanta. Una cosa è certa: la Nazionale unisce. Altra cosa certa ormai è che non esiste più il colore della squadra, ma l’amore verso la patria".
Viola Bertaccini