Se invecchi mentre aspetti di crescere

La precarietà del lavoro, degli affetti e dei valori nel romanzo di Orfino. Trentenni in stand by

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La precarietà del lavoro e degli affetti che si traduce in una precarietà più profonda, uno stato d’animo. Un senso di attesa che diventa quasi una trappola, in una provincia dove si annidano solitudini e spazi vuoti. È arrivato in libreria (e giovedì 26 alle 18.30 sarà presentato alla Palomar) il romanzo di Giuseppe Orfino "Domani andrà meglio", che racconta con una scrittura ironica e brillante la storia di Ettore Barchesi, un trentenne senza lavoro, iscritto a Giurisprudenza anche se solo in teatro riesce a sentirsi al posto giusto. Non è solo un romanzo di formazione, ma è anche la fotografia di una generazione, scattata durante il 2000, quell’anno in cui sembrava dovesse accadere di tutto e invece non è successo niente. "Ettore non ha più un lavoro – racconta l’autore – e non ha più la fidanzata. In questa adolescenza che arriva a trent’anni non ha nemmeno gli strumenti adeguati per affrontare l’abbandono". In lui si riflette una generazione che ha perso i suoi punti di riferimento. "Abbiamo vissuto e interiorizzato gli anni del disimpegno – dice Orfino – e da ogni punto di vista, dalla politica agli affetti, siamo stati la generazione del ‘post tutto’. Così post moderni che non siamo riusciti a fare i conti con i grandi valori della vita. I nostri nonni avevano una vita solida, certezze economiche. Relazioni che duravano per sempre. Ora niente dura per sempre. Ci troviamo spiazzati e nell’attesa di crescere non cresciamo mai". Sullo sfondo, la provincia. Quella di Bianciardi, che è l’antitesi alla prospettiva metropolitana, che sembra togliere fiato ai sogni e alle ambizioni, ma dove alla fine ogni cosa si scopre più vera.

Riccardo Bruni