REDAZIONE GROSSETO

Rubano auto e sfondano la vetrina

Furto in una concessionaria e poi la banda composta da almeno cinque uomini devasta "Pittarosso"

La vetrina sfondata

Grosseto, 5 maggio 2020 - Un colpo che sembra studiato nei minimi dettagli ma che, al momento, non trova giustificazioni. Perché è difficile pensare che possa esser stato commesso solo per causare gli ingenti danni effettivamente provocati.

Intorno alle 23.15 di domenica tre auto sono arrivate nei pressi del negozio "Pittarosso", in via Senegal, e una di queste – una Renault Koleos – è stata usata come ariete per sfondare due vetrine, quella d’ingresso e quella a fianco. L’auto a retromarcia ha prima distrutto i vetri delle porte d’ingresso e poi con il muso ha devastato l’altra vetrina. Dalle telecamere dell’impianto di videosorveglianza interno si vedono alcuni uomini – almeno cinque – che fanno irruzione nel negozio e arrivano più o meno fino a metà locale prima di riprendere la via d’uscita. Ieri mattina, da un primo controllo, non sembrava che avessero portato via qualcosa di rilevante.ù

Qualcosa, invece, la banda ha lasciato, ovvero l’auto usata per sfondare le vetrate che era stata rubata poco prima in una concessionaria, così come un’altra (una Clio) usata per arrivare lì con la quale si sono poi dati alla fuga. C’era anche una terza auto, descritta dai testimoni come un’utilitaria. I testimoni sono stati i cittadini residenti nella zona che, dopo aver sentito il rumore dei vetri mandati in frantumi, hanno telefonato al "113" facendo arrivare in brevissimo tempo le "Volanti" della Polizia. Era scattato anche l’allarme che aveva avvisato il responsabile del punto vendita, anche lui arrivato in via Senegal poco dopo.

Le auto rubate nella concessionaria sono veicoli aziendali, quindi già targati, ma almeno fino alla tarda serata di ieri della Clio non c’era ancora traccia. Inspiegabile, quindi, appare la motivazione dell’atto. Sembra per nulla credibile l’ipotesi che la banda potesse pensare di trovare soldi all’interno del negozio, perché – oltretutto – è chiuso al pubblico dall’inizio della pandemia, così come è impensabile che il tutto fosse finalizzato a rubare qualche paio di scarpe esposte. Luca Mantiglioni