
di Cristina Rufini
GROSSETO
"Di lui non ho dimenticato nulla, ma lo sguardo con cui ci ha guardati tutti, la sera prima di morire, quello ce l’ho stampato in mente". Barbara Dettori, da 34 anni convive con il dolore per la perdita del padre, il maresciallo Mario Alberto Dettori e l’amarezza di una mancata verità. Per non chiamarle bugie su che cosa è veramente accaduto la maledetta notte del 27 giugno 1980, quando il Dc9 Itavia fu abbattuto da un missile e 81 persone morirono, e poi nel marzo 1987. Il padre di Barbara quella sera era in servizio al radar di Poggio Ballone e vide che cosa passò su quegli schermi. Ma nessuno gli ha mai creduto. Anzi, secondo la convinzione della famiglia e non solo, la sua morte il 31 marzo del 1987, quando fu trovato impiccato a un albero a Grosseto è legata a quella sera. Morte archiviata allora, come di recente dal Tribunale di Grosseto, come suicidio. In realtà una delle tante morti misteriose legate alla tragedia di Ustica, di cui oggi ricorre il quarantunesimo anniversario. "Mio padre non si è suicidato – continua Barbara –, non lo avrebbe mai fatto. Ma noi non ci arrendiamo. Hanno archiviato ancora una volta la morte di mio padre come un suicidio, ma non lo è stato. E non lo sappiamo soltanto noi, ma anche molti altri che lo conoscevano. Anche chi oggi disconosce di averci detto allora che mio padre era stato ucciso, o comunque indotto a uccidersi. Ma, ripeto, non finisce qui".
Nel 2017, a seguito di un esposto presentato da Barbara, con la collaborazione dell’associazione Rita Atria e dell’avvocato Goffredo D’Antona, erano state riaperte le indagini sulla misteriosa morte del maresciallo Dettori, che sicuramente con sé ha portato molti segreti di quella notte di giugno del 1980. Dopo più di due anni di indagini, il gip Marco Mezzaluna, su richiesta del pm, ha archiviato una seconda volta, relegando a suicidio quanto accaduto il 31 marzo vicino al fiume Ombrone. Nonostante la presenza di documenti che ’raccontano’ di "verbali falsificati sulle cause della morte", come spiega l’avvocato D’Antona. L’ennesimo pugno nello stomaco alla famiglia Dettori. Che però non si arrende. "Non lo faremo mai – conclude Barbara –. Vogliamo che la verità su che cosa accaduto quel giorno in cui sicuramente mio padre non era da solo in quel luogo emerga prima poi e che chi ha mentito in tutti questi anni paghi".
Chissà quando sarà quel giorno. Chissà quando una moglie e due figli potranno mai vedere scritta in una sentenza la verità sulla morte del loro amato marito e padre, che ha avuto l’unica colpa di essersi trovato quella sera ad assistere a una guerra nei cieli d’Italia, che è costata la vita a 81 persone, e non essere riuscito a far finta di niente.