
"La Disfida di barletta", ma quella di Scansano. Insomma, non lo scontro tenutosi il 13 febbraio 1503 nella mattina di Sant’Elia (in territorio di Trani, all’epoca dei fatti sotto giurisdizione veneziana), fra tredici cavalieri italiani (sotto l’egida spagnola) e altrettanti cavalieri francesi, bensì – più modestamente per la storia, ma più emozionante per la Maremma – la "battaglia" fra i somarieri delle due contrade di Scansano (manco a dirlo: 13 per la contrada del Dentro, 13 per quella del Borgo) che a colpi di manganello dovevano far cadere il cappello agli avversari. Vinceva, ovviamente, la contrada che riusciva a lasciare a testa scoperta tutti gli avversari. E barletta che c’entra? C’entra eccome: la barletta era il tradizionale contenitore di legno messo sul dorso degli asini che serviva per trasportare merce di varia natura e chi vinceva aveva il diritto di prendersi quelle della contrada rivale.
La storia di questa originalissima disfida adesso è raccolta nel libro di Vito Filippini, appassionato studioso e autore di altri sette libri sulla storia e sulle tradizioni di Scansano che, anche grazie a lui, evitano di scivolare fuori dalla memoria delle generazioni più giovani.
La prima disfida di cui si hanno notizie certe è quella del 1931 e da lì ogni anno cavalieri e somari si sono poi affrontati fino all’inizio della guerra, per poi riprendere sicuramente nel 1948 (ma forse già l’anno precedente) e andare avanti fino al 1974, data che segnò l’ultimo atto di questo "palio" delle colline maremmane.
Il paese intero si mobilitava per essere presente ai bordi della piazza. Nessuno voleva mancare alla battaglia fra quegli improbabili cavalieri (ognuno presentato con un titolo nobiliare goliardico) e la lettura del papiro, ovvero il documento ufficiale dove si spiegava quale fosse, ogni anno, il motivo scatenante della contesa. Ironico, dissacrante, spassoso: il papiro metteva insieme un testo di questa natura e nessuno voleva perdersi una parola della sua declamazione.
Poi, la sfida. Certo anche questa goliardica, ma a volte i colpi assestati con i manganelli riempiti di segatura (qualcuno dice di segatura bagnata, così da essere più efficaci) davano adito a scambi di colpi anche piuttosto robusti in grado di lasciare il segno non solo nell’onore ferito, ma anche in senso molto più fisico. Ma poi tutto finiva lì, nell’arco di tempo della sfida.
Il libro (di "Innocenti Editore") "è una lettura piacevole che entusiasma ed emoziona – scrive Bruno Corsini nella sua presentazione –, facendoci rivivere tempi passati gloriosi e gaudenti. I non più giovani vi si ritroveranno, ma ne raccomanderei la lettura anche ai più giovani, perché siano invogliati, non dico a riprodurre quegli eventi, ma magari a provare a fare qualcosa che ridìa vigore a Scansano".
E anche questo invito, se vogliamo, suona come un guanto di sfida.
Luca Mantiglioni