La crisi del commercio. Persi 346 negozi in tutta la provincia. Tengono le librerie

Presentata l’analisi "Contiamoci" dell’associazione Confesercenti sullo stato di salute delle attività nel decennio 2012-2022. Di Giacopo: "Fotografia drammatica". E il 2023 è stato anche peggio.

"Contiamoci". E’ questa il nome dell’analisi sullo stato di salute del commercio in provincia di Grosseto effettuato da Confesercenti. L’obiettivo dell’associazione è chiaro: far capire o quantomeno dare un’impressione complessiva dell’impatto che il commercio imprime nel nostro territorio e di conseguenza nelle nostre vite. Vige comunque la percezione che il commercio stia subendo un processo di ri-adeguamento col pilota automatico. Ma dell’equilibrio sistemico tanto agognato dagli studiosi qualche anno fa, la Maremma è molto lontana. Un processo cruciale, dunque, a cui le imprese maremmane stanno andando incontro, che può essere decisivo per la sorte delle comunità stesse. E la fotografia degli ultimi dieci anni del commercio può essere raccontata solo con una parola: drammatica. Sono 346 i negozi che hanno abbassato la saracinesca nell’ultimo decennio in Maremma (dal 2012 al 2022). Senza considerare che il 2023 è andato pure peggio, una tendenza che si registra anche nella regione Toscana (-5.291). In provincia, in pratica, ci sono il 9% di negozi in meno. "Il calo è purtroppo generalizzato – ha iniziato Marco Di Giacopo che ha analizzato e redatto i dati per Confesercenti – I negozi di abbigliamento sono diminuiti di 114 unità, il 16% in meno. Diverso il caso delle librerie: adesso in Provincie ce ne sono 40, più sedici negozi. Un dato che è in controtendenza anche rispetto a quello della Regione, dove si è registrato un -3,6%. Ma tutto questo non compensa il netto calo di un settore analogo, che è quello delle edicole e delle librerie. Che hanno perso 39 rivendite. Malissimo anche il commercio ambulante: 41 esercenti in meno in dieci anni è un dato che deve far riflettere. Considerando che questa tipologia di commercio ha meno spese rispetto al classico negozio". Funzionano, come era prevedibile, i negozi on-line che sono cresciuto di oltre 100 unità in dieci anni. "Si tratta della nuova frontiera del commercio alla quale non possiamo esimerci di fare i conti – ha aggiunto Di Giacopo – Un settore florido che però non riesce a compensare i negozi chiusi. Attività che tra l’altro non portano a nuove occupazioni". L’ossatura economica dell’Italia è quella delle piccole imprese: in Maremma il 37% è composto da esercizi non specializzati. Poi abbiamo il 26% dell’alimentare, il 13 degli articoli culturali e ricreativi (tra cui le librerie), e il 9% da esercizi specializzati (abbigliamento, medicinali, fiori). "Stiamo vivendo un periodo nerissimo – ha iniziato Giovanni Caso, presidente di Confesercenti – gli ultimi dieci anni analizzati ci fanno capire che siamo entrati in un tunnel dal quale sarà difficile uscire. L’unico dato in controtendenza è quello delle librerie e l’impennata degli esercizi che che effettuano una vendita on line. Per il resto le chiusure non vengono compensate. E questo, tra qualche anno, diventerà un grandissimo problema". Il report è stato apprezzato dal presidente della Provincia, Francesco Limatola, che ha precisato come "emergono dati importanti di questi dieci anni. Quello del commercio è il settore che è cambiato di più. Su questo influisce sicuramente la perdita del potere d’acquisto delle famiglie". Limatola ha ricordato come durante la pandemia i negozi di vicinato abbiano fornito e garantito servizi insostituibili svolgendo anche una funzione sociale. Limatola ha sottolineato l’importanza della collaborazione con le associazioni di categoria. "Credo che i negozi di vicinato debbano fare un salto di qualità, diciamo così, guardando alla digitalizzazione come un’opportunità – ha concluso Limatola –. Ci sono Ccn che, grazie alla digitalizzazione, stanno portando benefici a tutti i negozi che rappresentano". Il presidente è poi rimasto positivamente colpito dal dato sulle librerie anche nell’ottica di uno sviluppo delle politiche culturali".

Matteo Alfieri