Crack di oltre un milione Bancarotta fraudolenta Sequestri e denunce

Una società di autotrasporti era fallita nel 2018, ma nessun bilancio era stato presentato. Cinque indagati, nei guai anche un commercialista.

Crack di oltre un milione  Bancarotta fraudolenta  Sequestri e denunce

Crack di oltre un milione Bancarotta fraudolenta Sequestri e denunce

Bancarotta fraudolenta, distrazione dei beni societari e utilizzo di "prestanome". Queste le accuse che la Procura di Grosseto ha indirizzato verso cinque persone, tra le quali un commercialista. A due di queste, un padre e sua figlia, il giudice delle indagini preliminari Marco Mezzaluna ha disposto anche un maxi sequestro da 2 milioni di euro. E’ stata la Guardia di Finanza a portare avanti le indagini coordinate dal pubblico ministero Carmine Nuzzo.

Secondo le Fiamme gialle quella somma, sarebbe il passivo rappresentato dalla società di autotrasporti che era fallita nel 2018. La società avrebbe poi anche maturato più di un milione e 300mila euro di debiti erariali e previdenziali e anche oltre 40mila euro di debiti nei confronti delle banche. Durante l’interrogatorio di garanzia gli indagati, difesi dai legali Renzetti, Valle e Roccabella, hanno preferito non rispondere alle domande del giudice. Per il maxi sequestro intanto, è già stato depositato il ricorso al Tribunale del Riesame.

Secondo le indagini, la ditta di autotrasporti, dopo meno di tre anni dalla sua fondazione, aveva un prestanome, utilizzato dal commercialista coinvolto nella vicenda anche altre volte, per coprire fintamente le cariche sociali in cambio di denaro. Il curatore fallimentare, che aveva l’obbligo di acquisire e analizzare tutta la documentazione, aveva trovato soltanto un bilancio depositato alla fine del 2013. A partire dal 2014, la società aveva cominciato a navigare in acque agitate: i debiti si erano accumulati e quelli nei confronti dello Stato avevano raggiunto la cifra considerevole di un milione e mezzo.

E pur trattandosi di una società di autotrasporto, non c’era traccia dei beni mobili e la sede della società ospitava, ormai da dieci anni, una società immobiliare. Gli uomini della Guardia di Finanza hanno quindi scoperto che l’amministratore, che era scomparso, era formalmente amministratore di nove diverse società, alcune delle quali peraltro erano fallite.

Padre e figlia sono anche dunque accusati di aver distratto beni incassando assegni, quando la società era già in stato di insolvenza.

Sarebbero infatti stati loro, secondo la ricostruzione dei fatti,a mandare avanti la ditta costringendo i dipendenti a diventare soci.