
Il comandante Mario Palombo in una foto d'archivio del 22 novembre 2003 (foto Ansa)
Grosseto, 15 luglio 2014 - E’ STATO individuato nonostante abbia fatto il possibile per non essere notato. Ha atteso 32 mesi prima di rimettere piede nella «sua» isola,ma sapeva che facendolo durante la fase finale della rimozione della Costa Concordia, questo era il rischio. Lo ha messo in conto e affrontato. In silenzio. In disparte. La voglia di tornare in questa perla del Tirreno era troppa. E’ Mario Terenzio Palombo, il comandante, ora in pensione, più stimato di Costa; colui a cui chiedere consigli. Il commodoro della compagnia di navigazione ieri era presente di buon ora all’inizio delle operazioni di sollevamento.
QUANDO però ha capito che sarebbe stato «assalito» dai giornalisti, non molto amati, ha preso la strada di casa e si è ritirato. Questa vicenda fa ancora un po’ male. Meglio godersi famiglia e mare.
Comandante perché ha deciso di tornare al Giglio? «Ci ho pensato molto e poi ho deciso che era giunto il momento di tornare sull’isola».
Che cosa l’ha spinta? «Non potevo non essere presente alla liberazione da un incubo. Non mi potevo perdere ciò che a tutti gli effetti segna il riscatto della marineria italiana dopo l’onta subita il 13 gennaio del 2012».
E di Costa che è stata la compagnia con cuiha solcatomari e oceani per molti anni, che cosa ci dice? «Dopo l’onta che ha disonorato tutta la marineria italiana, Costa con la sua presenza e partecipazione nel dopo naufragio si è saputa riscattare».
NON VUOLE aggiungere altro. Non vuole rimpiangere di avere deciso di tornare sull’isola dove ha parenti, casa e ricordi di una vita. Non lo aveva più fatto perché da quando il suo nome nelle ore immediatamente dopo il naufragio era stato legato alla tragedia, ha vissuto molto male tutto quanto è girato attorno alla vicenda Concordia. Schivo, forse anche un po’ inflessibile. Ma certo di non avere niente a che fare con il naufragio dovuto alla scelleratezza di un comandante (Schettino) che gli è distante anni luce.