La Pira, dal Nuovo Pignone al Vietnam nel nome della povera gente

Firenze, le battaglie del sindaco. Fece celebrare la Messa dentro la fabbrica

Giorgio La Pira

Giorgio La Pira

Firenze, 26 febbraio 2022 - Ricorda un vecchio dirigente che ai comunisti fiorentini, convinti nel 1951 che La Pira non fosse un pericoloso concorrente, Togliatti scandì: “ma avete capito chi avete difronte? il prof La Pira!”.

Poco tempo prima, nell’Assemblea costituente, La Pira era stato l’“autore” dell’art.2, La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale da cui, nel discorso in Assemblea, fece scaturire l’architettura del nuovo Stato.

Con Dossetti e Fanfani fu protagonista della cosiddetta “Comunità del Porcellino” (l’opposizione interna a De Gasperi) e sulla rivista “Cronache sociali”, il 15 aprile 1950 “tradusse” Keynes in un corposo saggio, “Le attese della povera gente” per promuovere il pieno impiego, come impegno essenziale della politica nazionale, le citazioni evangeliche precedevano quelle scientifiche di Keynes, di Beveridge, Burchardt, Kalecki, Di Fenizio , Franchini, Fanfani, Marrama.

Il saggio ebbe una vastissima eco e, nella risposta del 1° luglio 1950, “Le risposte della povera gente”, La Pira richiama i più rilevanti interlocutori, si tratta di Malvestiti, con almeno 4 articoli, Fanfani con 3 articoli tutti su 24 Ore, Bresciani Turroni, su Il Corriere della Sera, Don Mazzolari su Adesso, Corti su l’Italia, Costa (presidente di Confindustria) su 24 Ore, Di Vittorio, su 24 Ore, Rossi su il Mondo, IS.M. su Il Sole, poi l’on Riccardo Lombardi con un intervento alla Camera dei Deputati, l’on Calosso alla Radio, con uno pseudonimo, “ Christianus”, su Vita e Pensiero, Golzio su Coscienza, Sturzo su 24 Ore.

A Firenze portò alla guida della città la Dc anche se La Pira sottolineava che la sua tessera era il battesimo e non era disponibile per altre “appartenenze”. I rapporti con la Dc erano, per La Pira, da un certo punto di vista “obbligati”, perché non esisteva altro strumento di ispirazione cristiana, ma come si conviene ad un “profeta” non aveva alcun ritegno a proclamare la verità in cui si identificava e per essa operare concretamente. La Dc riproduceva nella propria tessera, la Torre di Arnolfo, per identificarsi con La Pira, anche se non sempre era facile avallare le sue innovazioni ardite, in particolare, ma non solo, sul piano internazionale.

Occasione di provocazione felice fu la vicenda della Pignone: La Pira, partecipò alla occupazione della fabbrica con i dipendenti, la domenica fece celebrare la messa dentro la fabbrica al vescovo di Firenze, raccolse le adesioni di tanti vescovi che furono, con lui, imputati per favoreggiamento dell’occupazione abusiva. Nel celebratissimo processo, tutti furono assolti. Quando La Pira convinse Mattei ad acquistare il Nuovo Pignone, si risolsero le tensioni che avevano fatto tremare la città ed anche quelle col governo centrale da cui La Pira reclamava un intervento risolutivo.

Provocatorio, ma nel nome della pace, fu nel 1955 il convegno dei sindaci delle capitali del mondo, dell’est e dell’ovest, compreso quello di Pechino (la Cina Popolare non era ancora riconosciuta); un evento che mobilitò anche il corpo diplomatico che cercava di capire perché un sindaco si occupasse di politica internazionale e si permettesse di sovvertire “l’ordine ferreo” della cortina fra est e ovest.

La capacità di tenere i rapporti con il vertice della Chiesa, come sola autorità “universale” che dunque non poteva che approvare l’azione universale di pace di La Pira furono una efficace copertura, anche quando non mancarono momenti di tensione con Andreotti, per la organizzazione della proiezione del film, di Autant Lara sull’obiezione di coscienza (allora reato in Italia), ovvero con Fanfani per le sue iniziative sul piano internazionale. Mediatore fu un finissimo politico come Nicola Pistelli che riusciva ad essere sostenitore di La Pira nell’amministrazione fiorentina, ma anche suo mediatore nei confronti della classe dirigente nazionale, tanto che il 1964, la scomparsa di Pistelli segnò la fine della vicenda amministrativa di La Pira, anche se la sua attività proseguì, non più da sindaco, fino a realizzare la vicenda più clamorosa: la visita ad Hanoi, in piena guerra del Vietnam che tramite Fanfani presidente di turno dell’assemblea dell’Onu impegnò anche i vertici Usa, il segretario di stato Rusk e il presidente Lindon Jhonson, prima che qualcuno rivelando, ciò che non poteva che essere riservato, facesse facilmente naufragare un tentativo di tregua, otto anni prima della conclusione di quella guerra.

di Giuseppe Matulli - Presidente Istituto storico della Resistenza