La poesia del colibrì. Le Sequenze di Anna Maria Tamburini

Ritmo e versi alla ricerca degli altri

Anna Maria Tamburini (foto Fara Editore)

Anna Maria Tamburini (foto Fara Editore)

Firenze, 22 febbraio 2023 - Ce ne stiamo già dimenticando. Siamo troppo dall'oscillazione da quelle che sono per noi le urgenze del vivere al fermarsi nella propria bolla di tranquillità che quella carezza della natura inconsapevole del Covid, quasi un ringraziamento, la stiamo archiviando come non ci fosse mai stata. Il mondo, il nostro mondo fermo per l'effetto dalla pandemia, dava tregua all'ambiente che, per parte sua, ci restituiva piano piano quel che poteva essere la sua ordinarietà senza essere violato: colori che avevamo dimenticato, particolari consegnati all'indifferenza, un altro respiro. Certo, questo non vuol dire rimpiangere quel che è stato, ma quell'insegnamento va colto. Nelle sue 'Sequenze auree', edite da Raffaelli, Anna Maria Tamburini (1955) coglie in modo vivido quella stagione segnata certo da distanze inaspettate e dal dolore, ma anche dal risveglio: “a spegnere questa notte / di marzo di umane distanze / i più timidi s’infoltano / dei sorrisi – dal breve verde / tra le case che appena trema / all’alba – nei narcisi / nel profumo nascosto / dei giacinti – al colmo / dell’amore avevano / chinato il capo – ora stanno / rialzati nella pietà / delle foglie”. Versi brevi e ritmati, che un po' sono la caratteristica formale delle poesie di Tamburini che già nel 2010 aveva dato prova della sua ricerca con 'Colibrì' (Fara Editore), il volatile più piccolo al mondo, coloratissimo, il cui cuore è più grande rispetto alle dimensioni del proprio corpo, “cugino” dell'ape perché impollina i fiori. Una sorta di avatar proprio di Anna Maria, che poteva fregiare quella sua raccolta delle osservazioni di un poeta come Gianfranco Lauretano in ordine alla ricerca di unità che anima chi non vi rinuncia: “Il punto in cui somiglianze e divergenze nel cosmo e nell’uomo entrano in gioco e accendono il dramma è l’anima”. Il volo di Tamburini (“il colibrì / fuoriuscito da strati / del vissuto, / il cuore che palpita / all’attesa, / all’incrocio degli incontri, / all’erta”) punta a una sorta di pacificazione: “… ci ri-conosceremo / amici a ogni cosa”. Questa ambizione ha radici patristiche e teologiche che Tamburini ha coltivato in più direzioni, in particolare verso la figura dei poeti Agostino Venanzio Reali e di Margherita Guidacci. Gli esergo delle 'Sequenze auree' ne rendono conto. Ad esempio la citazione mariana di un'orazione di Metodio: “Tu sei la circonferenza di ciò che non si può circoscrivere”. Vi è un'originale rilettura delle figure a cui siamo abituati, grazie alla quale i santi, cioè i “separati”, ci appaiono nella loro luce più vicina a noi: “Non siamo più capaci / noi di sogni – non più ci accade? / o di fermare… d’intendere / visioni e trattenere” (su San Giuseppe). Particolarmente felici risultano le interpretazioni di quadri che potremmo dire ordinari e che invece esprimono il bello di vivere, come in 'Pista da ballo': “Sotto il lampione alto della luna / la distesa del mare / ampio cerchio di luce / stasera è una pista da ballo / Leggeri sull’acqua a roteare / un principe e la dama soli / un danza innamorati si sognano / strettamente abbracciati Chiara poi la nuvola / avanza sospinge gli amanti / di lato, il campo restringe poco / a poco resta un segmento di luce / ultimo e lontano”. Michele Brancale

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