
Joey Defrancesco
Vicchio (Firenze), 21 marzo 2015 _ Nel 2007 Joey Defrancesco, uno dei più apprezzati solisti dell'organo Hammond e occasionalmente anche trombettista, è stato il vincitore del referendum tra i critici della rivista Down Beat e nominato organista dell'anno dall'Associazione Giornalisti di Jazz. Sono stati due dei grandi traguardi raccolti in carriera dal musicista americano che stasera alle 21,30 sarà protagonista a Giotto Jazz. Classe 1971, due nomination ai Grammy, Defrancesco stasera sarà in trio insieme a Jason Brown e Dan Wilson al Teatro Giotto. Info 055 8439269, www.jazzclubofvicchio.it
Partiamo dall'anno del riconoscimento di Down Beat con il disco insieme a George Coleman, come è nata l'idea di un bootleg ufficiale? «Avevo suonato con George Coleman in California nell'arco di una settimana, fu un'esperienza straordinaria, un'occasione speciale ed ero molto onorato di suonare con lui. Quindi avevo fatto delle incisioni per ricordo personale. Ma ero talmente impressionato dal valore dell'esecuzione che ho contattato l'etichetta, ho avuto il nulla osta e quindi è nato questo album dal titolo The Authorized Bootleg».
Lei suona un particolare modello di Organo Hammond, il B-3. Come si è avvicinato a questa sonorità? «Perché lo suonava mio padre, sono nato con questo strumento in casa, quindi è stato molto semplice avvicinarmi al suono dell'Hammond. Inoltre c'erano tanti dischi a mia disposizione, come quelli di Jimmy Smith».
Volevo proprio chiederle come è stato suonare com Jimmy Smith, dato che esiste anche un'incisione dove siete insieme. «E' stato grande, d'altra parte lui era il mio idolo. Un'esperienza incredibile dato che era un sogno che non pensavo mai potesse avverarsi».
Lei però ha suonato anche con altri grandi nomi, tra cui il batterista Elvin Jones. Non solo le chiedo come è stato collaborare con lui, ma anche se ne ha approfittato di chiedergli dettagli sulla registrazione di A Love Supreme con John Coltrane. «Da quando ho cominciato a suonare con lui, gli ho fatto molte domande su come è stato lavorare con John Coltrane, un autore che mi ha sempre appassionato. Elvin è stato sempre felice nel parlarne, così come di altre cose capitate nella sua lunga carriera. Ovviamente con lui era un piacere suonare».
Lei viene spesso in Italia, non solo a suonare ma anche a tenere lezioni. Come sono gli allievi italiani?
«Fantastici. Io d'altra parte sono di origine italiana, siciliana per l'esattezza. Mi rapporto bene con le persone che vengono alle lezioni e ai mie concerti, qui sono sempre molto contento quando sono in Italia».
Il suo album Goodfellas appare da una parte come un tributo alle sue origini italiane, dall'altra come un divertimento, uno scherzo. Qual è l'interpretazione giusta? «No, non è uno scherzo. A ogni matrimonio di italo-americani si sentono ascoltare canzoni che ho messo nell'album come Volare oMalafemmina e quindi il disco è chiaramente un tributo alle mie origini».
di Michele Manzotti