MARIANNA GRAZI
Cultura e spettacoli

Sandra Milo, il ricordo del regista Sarti: “Donna autentica. Che bella storia la sua vita”

Il racconto delle riprese a Firenze: “Il suo ultimo film insieme, un onore lavorare con lei”

Il regista Alessandro Sarti con la grande attrice Sandra Milo

Firenze, 29 gennaio 2024 – “È stato un onore lavorare insieme a Firenze, portare nella mia Pontassieve una delle attrici italiane più grandi di sempre”. Il regista fiorentino Alessandro Sarti è emozionato mentre ricorda Sandra Milo, scomparsa a 90 anni questa mattina nella sua casa di Roma. Dalle sue parole emerge donna straordinaria e generosa fuori dal set, oltre che la straordinaria attrice che ha diretto in “Che bella storia la vita”, l’ultima produzione cinematografica della diva.

Il suo è l’ultimo film a cui ha preso parte Sandra Milo. Cosa prova oggi, alla luce della sua morte?

“Per me è stato un onore, ho avuto il privilegio di poterla dirigere in quella che poi è stata l’ultima produzione al cinema. Conoscevo la sua storia, da “8½” di Fellini a tutti gli altri film che hanno resa una grandissima attrice cinematografica e poi televisiva. Poter andare con lei sul set, insieme a tanti attori toscani, è stato straordinario. Personalmente sono stato lusingato di averla diretta e conosciuta, di aver trascorso con lei parecchi giorni prima e dopo le riprese”.

Che cosa ricorda di lei?

“Ho conosciuto una donna che non conoscevo; al di là della sua notorietà aveva valori, professionalità, umanità e soprattutto lei non fingeva nelle sue dimostrazioni d’affetto, nella sincerità di apprezzare tutto. Lo stesso titolo del film, “Che bella storia la vita”, le calzava a pennello, detto da una donna che di vita ne ha trascorsa tanta, perché 90 non sono certo pochi. Sotto un profilo più personale, mi ha raccontato storie incredibili, fuori dal set è diventata amica con il cast ma anche con la troupe degli operatori. Si è veramente spesa con tutti, senza risparmiarsi, dando anche preziosi consigli frutto della sua ricca esperienza”.

E dal punto di vista professionale?

“Sono andato due volte a Roma per farle leggere la sceneggiatura, la sua parte, perché avevo un po’ di timore che non le piacesse o che non si sentisse a suo agio. Invece ha detto: ‘È bellissima, mi piace’. Poi certo mi ha dato dei consigli pratici, che ho accettato tutti e ho anche il copione della sceneggiatura con le correzioni fatti di suo pugno, ho lasciato tutto, sarebbe stato stupido non farlo. Un film è un lavoro corale, di squadra; avere comunque delle indicazioni sue, piccoli cambiamenti, ti fa capire che alla fine l’esperienza conta. Sono stato sempre abituato a imparare dai più bravi, e così ho fatto anche stavolta”.

Il film è girato e ambientato nella nostra regione che era un po’ anche sua, essendo la madre toscana. Che rapporto aveva con questa terra?

“Qui è stata accolta a braccia aperte, è stato un onore averla anche a Pontassieve, dove ha dormito per tre giorni e ha voluto parlare e conoscere le persone di paese, quelle che incontri tutti i giorni. Poi ricevere da lei complimenti per le bellezze del luogo, scoprire con lei angoli nascosti e meno conosciuti… Così come è stato fantastico quando abbiamo girato sulla bellissima terrazza del Sesto on Arno a Firenze, con sullo sfondo la Cupola del Brunelleschi e piazza del Duomo”.

Qui è ambientata anche una scena iconica del film...

“Qui le ho chiesto una cosa che, in genere, al cinema non si può fare: ‘Sandra guarda in macchina, entrami in camera con quello sguardo’. Così Milo pronuncia le ultime parole nel film, dicendo che la vita, in fondo, è proprio una bella storia”.

Una frase le calzava anche al di fuori delle scene?

“Lei era consapevole che c’è un inizio e una fine per tutto e quindi anche per lei sarebbe arrivata. Ma il fatto stesso di averla vissuta appieno, senza spigoli né grossi paletti, perché è stata una donna libera, dimostra quanto l’amasse. A tante altre attrici più giovani diceva ‘Osa, buttati, quel treno prendilo ora, provaci e non fermarti’, perché sarebbe stato stupido farlo soprattutto nel mondo del cinema o della tv. Secondo me, se avesse potuto farci un ultimo saluto, avrebbe detto che la vita è una bella storia davvero”.

C’era chi la definiva “una svampita”: un atteggiamento vero o solo malignità?

“Ma no, non è assolutamente vero. Forse il suo modo di parlare, quel suo tono un po’ nasale che la rendeva diversa dalle altre, quel modo di sorridere un po’ civettuolo anche, avevano portato a quella definizione ma no, assolutamente lei non fingeva. Era così. Quello era il suo modo di essere, di parlare. Poi, chiaro, col tempo i giornali devono crearsi un personaggio. Sandra mi raccontava sempre che quando era giovanissima c’erano 4 o 5 donne, tra cui la Loren e la Lollobrigida, tutte bellissime e a ognuna fu ritagliata una parte, una cifra, un carattere. All’apparenza sarà sembrata così, ma bastava parlarci 2 minuti ed emergevano i valori, la cultura di una donna di prim’ordine”.

Una donna che, già novantenne, ha continuato imperterrita a lavorare…

“Il film è stato girato nel Chianti fiorentino, a San Casciano e Impruneta, dove tanti anni fa lei stessa fece la madrina alla Festa dell’Uva, e da dove viene la storia stessa alla base, che è quella vera – poi romanzata – di un venditore d’auto, Roberto Caneschi. Nelle settimane in cui abbiamo girato qua in Toscana Sandra Milo è venuta tre volte per le sue scene, ha partecipato alle tre prime e fino all’una di notte ha firmato autografi, ha fatto dediche sui libri, si è fatta selfie. Una cosa impressionante. Quando le chiedevo se fosse stanca, se preferisse andare a riposare, mi rispondeva: ‘No Sandrino, questa gente a me ha dato tanto e non posso mettere solo una firma e basta, devo restituire loro qualcosa’, quindi chiedeva come si chiamassero, faceva la dedica alle persone. Perché era consapevole che a renderla Sandra Milo come la conoscevamo tutti era il pubblico, le persone che la seguivano, quelle che le scrivevano sui social. Quindi non poteva far finta di nulla. Era autentica”.