“Il pozzo che fissa il cielo”, il nuovo romanzo di Vieri Tommasi Candidi

L’11 marzo sarà presentato all’educatorio Il Fuligno

La copertina del libro

La copertina del libro

Firenze, 7 marzo 2023 – S’intitola “Il pozzo che fissa il cielo” il nuovo romanzo dello scrittore fiorentino Vieri Tommasi Candidi, pubblicato da Rogiosi Editore nella collana “Narratori”. L’autore è al suo quarto romanzo, e tra queste pagine racconta una storia appassionante che vede la Grande Guerra fare da sfondo al cuore del racconto, mentre il primo e i successivi capitoli si svolgono tra Firenze e Milano nell’estate del 1989. La storia racconta di Tommaso Guidi, un giovane col sogno di diventare scrittore. L'editore Baragatti, nutrendo sincera fiducia nel suo talento, lo esorta affinché incontri Alessandro Bertinari, un ex soldato, ormai novantatreenne, sopravvissuto alle due grandi guerre: l'uomo cerca un autore che possa raccontare la sua storia. Tommaso accetta, non senza riserve. Purtroppo, Alessandro Bertinari muore prima che il racconto giunga a compimento. Cionondimeno, nel realizzarne la stesura, Tommaso si addentra lungo le passate vie di una verità dalle tinte fosche e di un oscuro delitto irrisolto. Sabato 11 marzo alle ore 18 il libro sarà presentato a Firenze all’educatorio Il Fuligno di via Faenza 48, dal critico letterario Arnaldo Bruni e dal professore dell’università di Siena, Christian Satto alla presenza dell’autore. Il romanzo avrà anche una sua presentazione specifica al salone del libro di Napoli. Vieri Tommasi Candidi, come mai ha scelto per titolo “Il pozzo che fissa il cielo”? “È una frase di Pessoa che nel “libro dell’inquietudine” ha scritto “Noi non ci realizziamo mai. Siamo due abissi: un pozzo che fissa il Cielo”. Quando la lessi rimasi abbagliato, perché esprime l’uomo in tutta la sua estensione, dall’inferno alla ricerca del paradiso. Siamo come pozzi profondi che pur fissando un cielo troppo lontano per loro, non possono smettere di guardarlo. Non è un titolo astratto, è una frase che cito nel libro e che ha attinenza col testo”. Da cosa nasce il racconto? “Nasce da una storia vera, anche se può sembrare inverosimile. Me la raccontò un amico inglese, che aveva un antico parente - si parla della metà dell’Ottocento - il quale si ritrovò a combattere per Sua Maestà britannica in India. All’epoca c’erano delle piccole tribù indiane che erano contro il colonialismo inglese, e a lui capitò un’esperienza mistica che viene riportata nel testo, ed è proprio questo il cuore del romanzo, che fa accadere tutti gli eventi”. Come si sviluppa il romanzo? “È diviso in quattro parti: nella prima un giovane scrittore fiorentino, Tommaso Guidi, viene contattato dal suo editore che vorrebbe che lui romanzasse col suo stile giovanile, il memoriale di un reduce della prima guerra mondiale. Tommaso all’inizio non è entusiasta di questa proposta e di questa storia che gli sembra un po' ingiallita dal tempo: come tutti gli scrittori giovani sogna e si aspetta altro dalle possibilità della narrativa. Poi però conosce il reduce e decide suo malgrado di scrivere questa storia, anche se la persona che ha incontrato gli aveva comunicato una sensazione di inquietudine. Nella seconda parte si segue il romanzo scritto da Tommaso, quindi c’è la tecnica del “libro nel libro”. Il lettore dunque legge la prima parte nella quale Tommaso conosce il reduce e alla fine decide di romanzare la sua storia, poi segue il romanzo scritto dallo stesso Tommaso che s’intitola ‘Una notte’. Il giovane racconta infatti di una fatidica notte al fronte, quella tra il 14 e 15 giugno del 1918, all’alba della grande offensiva austro-ungarica che poi darà ‘il la’ a quella che sarà nota, con un termine dannunziano, come la ‘battaglia del solstizio’, che preluderà alla grande riscossa italiana dopo la disfatta di Caporetto. La storia fa da scenografia: io ho delegato a un ipotetico reduce un racconto che poi è una storia privata, di un’amicizia tradita da cui poi scaturiscono tutta una serie di eventi che sono anche un po' noir e un po' da giallo, che troveranno la loro spiegazione e il loro senso nella terza e quarta parte del romanzo”. Quali sono gli elementi del racconto? “Il cuore del romanzo è la seconda parte, cioè il libro scritto da Tommaso. Ci sono quattro personaggi in tutto, c’è dunque una sorta di balletto di punti di vista: due sono scritti in prima persona e altri due in terza per dare una connotazione e una colorazione diversa alle varie voci. I registri stilistici cambiano lievemente, nel primo capitolo ad esempio ho potuto fare un flusso di coscienza, il terzo capitolo è più punteggiato, è meno ‘brutale’ la sequenza di pensieri. Dall’inizio alla fine Tommaso fa tutta una serie di scoperte”. La tematica della guerra richiama all’attualità. Qual è il messaggio del libro? “Sembra quasi fatto apposta, in realtà questo romanzo è stato scritto anni prima. Il significato del libro è che, generalmente, la guerra tira fuori quello che abbiamo dentro: dal buono emerge la sua bontà, il cattivo tira fuori la sua cattiveria ecc. Soprattutto durante la Prima Guerra Mondiale l’essere umano, nelle trincee, è stato messo a durissima prova da un conflitto disumano che poco aveva a che vedere con le battaglie garibaldine che si aspettavano i ragazzi mandati al fronte. È qui che si concentra la storia di due amici e della metamorfosi che riguarda uno di loro. Il messaggio è questo: che anche nel momento più disumano che possa vivere una persona, si possa essere comunque umani. Non perdiamo la nostra umanità, manteniamo il nostro cuore, e non nascondiamoci dietro agli eventi, che alla fine mostrano le persone per quello che davvero sono. Non è come si crede, le persone non cambiano in base agli eventi: l’essere umano grande rimane grande, la persona piccola mostra la sua piccolezza. Questo è il messaggio, ed è anche uno sprone alla solidarietà, a rimanere umani, a non rinchiudersi nel nostro egoismo, come invece mi sembra stia accadendo in molti casi, negli ultimi tempi, su più fronti”.  

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