STEFANO
Cronaca

Zaini e sorrisi, Firenze ritrova i suoi liceali Un tassello di normalità si rimette a posto

L’emozione della prima campanella per studenti e professori. Una preside: "E’ uno di quei giorni in cui ti ricordi quanto sia bello insegnare"

di Stefano

Cecchi

Facevano parte dello skyline della vita e la loro assenza mancava eccome. Così ieri mattina, quando sui bus, sui motorini e sui marciapiedi sono ricomparso loro, gli studenti delle superiori con i loro zaini multicolori e il corredo formidabile di gioventù, è stato come riappropriarsi di qualcosa di buono, un piccolo passo verso una normalità assente da troppo.

Per carità, in classe non c’erano tutti. Dei 42.000 studenti iscritti alle superiori fiorentine, solo 21.000 si sono presentati sui banchi e pure in orari diversi: qualcuno è entrato tra le 8 e le 10, altri fra le 12 e le 15 altri ancora a pomeriggio inoltrato, lo impongono le cautele del tempo. Ma, lo stesso, ad ogni cancello d’ingresso di ogni plesso scolastico, la sensazione era la stessa: un’euforia contagiosa come accade per la festa del paese, il calendimaggio che celebra il ritorno della bella stagione e delle messi.

"Oggi è veramente un’emozione, uno di quei giorni in cui ti ricordi quanto sia bello fare questo lavoro", ha dunque detto ai cronisti Lisa Bartolomei, insegnante del liceo Castelnuovo. "Sono un po’ emozionata, rivedere i ragazzi è splendido, ho passato due mesi a scuola insieme solo al vicepreside e 13 bidelli", le ha fatto eco Liliana Gilli, dirigente scolastico del Galileo. Un senso forte di gioia per la vita che ritorna, presente anche nelle parole di chi ha dovuto gestire l’emergenza da dentro le istituzioni. Come il sindaco Dario Nardella ("Una giornata di gioia oltre che un test importante per tutto il Paese) o come il governatore Eugenio Giani, colui che più di ogni altro ha spinto per questo rientro in classe: "Se oggi avessimo fatto altrimenti sarebbe passata l’idea che la scuola è un elemento marginale rispetto alle cose che possiamo fare in periodo di pandemia".

Già, la scuola come elemento fondamentale della società, la cui potenza educativa non poteva essere soddisfatta da quella che, col tempo, abbiamo chiamato Dad, la didattica a distanza. Ora, diciamocelo, la parola stessa di-dat-ti-ca a di-stan-za è un ossimoro, un po’ come "la vergine madre, figlia del tuo figlio" di Dante, la "provvida sventura" del Manzoni e "il mio centravanti è lo spazio" di Pep Guardiola. Qualcosa che non sta in natura. Perché la scuola è presenza, è contatto, è sguardo, è insieme, non può essere surrogata dalla tecnologia. Anzi.

La didattica a distanza, in una società non attrezzata come la nostra, corre il rischio di diventare una distanza dalla didattica. Un modo apparente di sanare un’emergenza senza salvaguardarne i contenuti.

I sorrisi di ieri mattina sono una sorta di riconoscimento a ciò. La voglia di mettere da parte le difficoltà di questi tempi con i suoi lati drammatici e pure quelli grotteschi (con la dad camminare nelle case di chi aveva due o più figli era diventato più rischioso che attraversare uno studio Rai durante una diretta) e riavviarsi verso una scuola fatta di lezioni alla lavagna ma anche di "hai capito?", "non copiare" e perfino "devo andare in bagno".

"Il mondo può essere salvato solo dal soffio della scuola", sta scritto nel Talmud e la gioia per il ritorno alla normalità della didattica ieri a Firenze sembrava davvero avere contagiato tutti: "Tornare a guardare negli occhi i miei studenti è stata una sensazione formidabile", ha sintetizzato un professore del Marco Polo. Una clima di euforia e di responsabilità certificato anche dagli steward, ovvero da quei 200 addetti in pettorina gialla incaricati di evitare affollamenti in alcuni punti critici come plessi scolastici o fermate dell’autobus: "Abbiamo trovato collaborazione da parte di tutti e nessuno si è lamentato se, su qualche bus troppo affollato, abbiamo evitato di far salire altre persone", ha spiegato Enrico, uno di loro. Un senso di responsabilità certificato dallo stesso sindaco che, in serata, ha fatto sapere come "la prima giornata sia andata bene". C’è da esserne contenti collettivamente. Perché se la scuola, che è un bel pezzo di vita, saprà ripartire bene e a lungo, prima o poi ripartirà anche la vita intera.