Voragine, «Potrebbe risuccedere in Torrigiani»: la profezia si avvera 51 anni dopo

Un lettore esperto di tubazioni lanciò l’allarme per via de’ Bardi

Il professor Caciagli, in maglia blu, sotto Ponte Vecchio (New Press Photo)

Il professor Caciagli, in maglia blu, sotto Ponte Vecchio (New Press Photo)

Firenze, 25 giugno 2016 - «E’ da augurarsi che un fatto simile non accada nel tratto di strada dove il lungarno Torrigiani si incontra con via de’ Bardi. Anche di là passano due condutture dell’acquedotto, una di 600 e una di 400 millimetri di diametro con la stessa soletta di cemento armato». Questa frase è stata scritta all’indomani della rottura della tubazione sul lungarno Soderini, il 4 luglio 1965, che causò la frana e il crollo del muro d’argine: una tragedia che uccise una guardia notturna, Luigi Vannuccini.

Si tratta di una profezia drammaticamente avverata mezzo secolo dopo, oppure c’era qualcuno che sapeva che quella particolare disposizione delle tubature con quel tipo di sottosuolo, analogo a lungarno Soderini, avrebbe potuto causare un nuovo crollo anche sul lungarno Torrigiani? Leggere l’articolo uscito sulla cronaca di Firenze de ‘La Nazione’ dove il lettore che lancia l’allarme chiede di restare anonimo, fa un certo effetto. Anche perché il seguito è ancora più preoccupante. «In caso di rottura di una delle tubazioni – c’è scritto – se non cede come nel lungarno Soderini l’argine del fiume, sono in grave pericolo comunque le costruzioni del lato opposto alla strada».

Su questo abbiamo chiesto il parere del pofessor Nicola Casagli, il geologo dell’Università di Firenze che oltre ad aver condotto la ricerca archivistica in collaborazione con ‘La Nazione’ sta monitorando dal 25 maggio, giorno del crollo del lungarno Torrigiani, i movimenti del muro d’argine, dei palazzi e, più recentemente anche di Ponte Vecchio. «Sul timore del crollo dei palazzi non mi trovo in accordo – spiega il prof – Probabilmente chi scriveva non era a conoscenza che sotto il lungarno c’è la galleria progettata da Raffaele Canevari e Luigi Del Sarto e realizzata tra il 1867 e il 1870 per la Fabbrica dell’acqua, che dà stabilità e protegge gli edifici grazie a una robusta struttura in muratura: non c’è alcun pericolo di crollo». Sospiro di sollievo lecito e confortato dai numeri. Nononstante sia stato stilato un piano di evacuazione, obbligatorio per legge.

Ma tornando al disastro del lungarno Torrigiani, il lettore beninformato spiega anche le cause del disastro, a parte la tubazione considerata già vecchia, pur del 1929: «E’ chiaro ed evidente – si legge nell’articolo del 1965 – che la gravità del disastro è dovuta alla presenza della soletta di cemento armato, costruita nell’illusione di proteggere la pavimentazione stradale da un’eventuale fuga dell’acquedotto». Anche stavolta si è parlato della soletta in cemento, che dopo la perdita d’acqua avrebbe potuto spezzarsi e rompere la tubatura più grossa. La verità ancora oggi non la sappiamo. Ma possibile che nel 1965 si ipotizzasse un crollo nel lungarno Torrigiani e che in 51 anni non sia stato fatto nulla per scongiurare che accadesse?

 

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