DIPAOLO GUIDOTTI
Cronaca

"Vogliono trasferire? Si scordino i marroni"

Marradi, dura presa di posizione dei castanicoltori compatti al fianco dei lavoratori dell’Ortofrutticola: "Mai più i nostri prodotti all’azienda"

di Paolo Guidotti

Ora tutta l’attesa si concentra sugli esiti del primo faccia a faccia tra istituzioni e sindacati da una parte e rappresentanti della proprietà dall’altra. Al tavolo di crisi convocato dalla Regione Toscana, convocato per giovedì prossimo, si capiranno meglio le intenzioni di Italcanditi e del Fondo d’Investimento di Andrea Bonomi sulle sorti della fabbrica dei marroni di Marradi.

Ma il presidio davanti ai cancelli della fabbrica va avanti, e ieri si è tenuto un altro incontro significativo, quello tra dipendenti dell’Ortofrutticola e i castanicoltori locali, di Marradi e di Palazzuolo sul Senio. L’iniziativa è partita dalla Coldiretti di Firenze e Prato, che ha riunito i produttori di marroni, per poi recarsi con loro al presidio.

C’erano il presidente di Coldiretti Firenze Prato, Roberto Nocentini, il direttore provinciale, Barbara Battistello, il segretario di zona, Matteo Borselli, i presidenti di sezione di Marradi, Fabio Billi e di Palazzuolo sul Senio, Vasco Pieri.

Sul tavolo della vertenza i castanicoltori locali mettono un’ipoteca pesante: "I produttori di Marradi e Palazzuolo lo hanno deciso – dice Nocentini – sono pronti a non conferire più la materia prima all’azienda".

Niente marron buono di Marradi dunque nelle confezioni di Italcanditi, se questa deciderà di spostare la produzione dei marron glacé a Bergamo. Nocentini ne è certo: "E’ un prodotto di grande qualità, che si fregia dell’Igp e troverà altri canali di commercializzazione".

"L’Ortofrutticola rappresenta il cuore di Marradi – aggiunge Battistello – e qui non si tratta di difendere lo sbocco di un prodotto, è molto di più. Ci è stato fatto presente l’andamento demografico, decenni fa a Marradi erano 10mila ora son 3mila, questo trasferimento porterebbe un grave dissesto nell’equilibro della comunità". E il segretario di Coldiretti Mugello Matteo Borselli sottolinea un altro aspetto: "Durante l’incontro al presidio lo si è visto: c’è piena consonanza, di valori e di intenti".

Così ora si attendono le prossime mosse della proprietà: "Forse hanno sottovalutato – azzarda il presidente Nocentini -, forse non pensavano che la chiusura creasse tutta questa reazione forte e decisa. Chissà, ci sono spazi per rivalutare tutto e modificare la scelta. E c’è anche bisogno del coinvolgimento della politica, per prospettare nuove soluzioni, e per dare una multidisciplinarietà alla fabbrica, introducendo magari anche qualche altra lavorazione. Qui c’è un esempio positivo di unità tra produttori agricoli, industria di trasformazione e commercializzazione. Voler smantellare tutto è inaccettabile".

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