
Viva la street art a km zero. L’arte urbana che nasce dal riuso
Vi presentiamo il Sedicente Moradi, un artista che, raccogliendo legni e rametti, crea vere e proprie opere d’arte. Si porta dietro pochi attrezzi: sega a mano, trapano, avvitatore e un po’ di spago. La sua prima opera è stata uno scheletro delle proprie dimensioni. Il legno ha un ciclo di vita e l’artista, con le sue sculture, lo allunga. Molto tempo è dedicato alla fase iniziale del lavoro: la scelta e il reperimento del materiale. "Quando prendiamo un legno ce lo immaginiamo già come parte della futura scultura". L’opera, una volta creata, resta nel luogo in cui è stata assemblata. Le sue opere non sono destinate a musei o gallerie ma nascono per inserirsi perfettamente nell’ambiente da cui provengono. Esse diventano parte integrante dello spazio circostante spingendo addirittura le persone a prendersene cura. Il progetto artistico del Moradi ha dunque lo scopo di creare delle opere d’arte realizzate con materiale riciclato da donare alla comunità.
"Senza i ragazzi e le ragazze, la classe altro non è che una stanza vuota con quattro pareti di cemento: voi date un senso, uno scopo all’edificio che noi chiamiamo scuola, lo rendete vivo. Così la street art è come musica per la città: mette insieme tutti i suoni isolati e crea una melodia". Il messaggio che l’artista vuole trasmettere con i suoi lavori è quello prima di tutto di divertirsi e, non meno importante, di consapevolezza e rispetto della natura. "Ogni gesto conta, ogni pezzetto di legno, come l’ultima tessera di un puzzle, è perfetto per qualcosa. Io con la mia arte desidero combattere la disillusione delle persone e, allo stesso tempo, creare attimi di meraviglia nel nostro quotidiano". Qual è la tua opera preferita? "Senza dubbio il coccodrillo. È un animale che mi fa paura e ho deciso di realizzarlo per esorcizzare questa sensazione". E l’opera più grande? "La giraffa sopra il tetto del teatro Parenti a Milano, alta più di cinque metri. Guarda lontano". L’artista poi ci spiega come nasce il suo modo di fare arte: "Una volta a Barcellona mi hanno rubato il taccuino degli schizzi. È stato un duro colpo per me. Mi avevano portato via una cosa molto preziosa: il modo di esprimermi e di interpretare il mondo. Allora ho pensato: ma perché non fare delle installazioni che possano essere godute da tutti? In questo modo l’arte che produco non è più mia ma di tutti quelli che la osservano. Credo che farebbe bene a molti di noi liberarsi del vincolo di possedere qualcosa".