"Basta, io non sono virus". Gara di abbracci al cinese. E parte l'hashtag dedicato

Firenze, in campo il leader della comunità dei giovani : il video-protesta è virale Il racconto: si sono avvicinati tanti sconosciuti. Solidarietà da sindaco e diocesi

I giornalisti de La Nazione con la dir. Pini, membri della comunità cinese e don Momigli

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Firenze, 6 febbraio 2020 - «Io non sono un virus, sono un essere umano. Liberami dal pregiudizio". Massimiliano Martigli Jiang, arrivato a 7 anni nel paese di San Donnino, conosciuto come San Pechino negli anni Novanta, periferia tra Firenze e Prato, è sceso in campo. Per dire no alle discriminazioni da paura di contagio di coronavirus e alle fake news.

Mascherina sulla bocca, benda nera sugli occhi e cartellone ai piedi: ha girato il centro storico di Firenze cercando di attirare l’attenzione. Il video, cliccatissimo, ha fatto il giro del mondo. Ha ricevuto quanto meno curiosità col suo sit in itinerante, "ma anche una marea di abbracci di persone che attraverso il contatto fisico mi hanno voluto dire che non avevano paura di me, che volevano far crollare il muro di diffidenza e ignoranza". Col suo amico Francesco Xia è il promotore da anni dell’associazione ’Unione giovani italocinesi’ per una vera integrazione.

"E ora dobbiamo fare i conti anche con questa ignoranza strisciante che punta il dito contro qualsiasi cinese, anche se nato qui o residente in Italia, da una vita con nessun contatto con l’Oriente". Non si è tirato indietro il sindaco di Firenze, Dario Nardella, lanciando l’hashtag su twitter #AbbracciaUnCinese per esprimere solidarietà alla comunità.

"Non è accettabile il terrorismo psicologico e lo sciacallaggio che alcuni fanno per trovare soltanto una scusa per l’odio e l’esclusione. Invece noi siamo vicini alla comunità cinese in questa battaglia comune". Anche la Chiesa fiorentina si è fatta sentire: "È indispensabile, partendo da chi ha responsabilità pubbliche, ripensare ai propri comportamenti, per aggredire con determinazione il virus dell’insensatezza che porta ad assumere atteggiamenti irrazionali e offensivi, spesso trattando con crudele cattiveria persone che, pur avendo un colore diverso della pelle, condividono con noi la stessa fragilità e la stessa paura", ha detto don Giovanni Momigli, direttore dell’ufficio diocesano di pastorale sociale e del lavoro della diocesi di Firenze, ex parroco proprio di San Donnino.

E Prato, città che accoglie la comunità cinese più grande d’Italia (oltre 25mila residenti) non poteva rimanere insensibile. Una campagna su Instagram è stata lanciata dagli studenti dell’istituto tecnico professionale Dagomari: #viralicontroilvirus alla luce "degli episodi discriminatori contro i cittadini cinesi in questi giorni". E anche i giornalisti di Qn-La Nazione hanno dato il loro abbraccio concreto alla comunità cinese. Martedì sera una rappresentanza guidata dalla direttrice de La Nazione, Agnese Pini, ha cenato nel ristorante "Fujiyama" gestito da commercianti cinesi. I giornalisti unici clienti con la voglia di dire "Amici cinesi, non siete soli".

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