
Firenze, 11 settembre 2023 – Fermato in un controllo e stradale e trovato positivo all’alcoltest. Ma i valori (per altro piuttosto elevati) riscontrati dall’etilometri, non sarebbero l’effetto di un’assunzione smodata di alcol, ma degli effetti di un farmaco assunto per un attacco di appendicite.
Lo stabilisce una consulenza, redatta da un luminare dell’ospedale di Pisa, che ha consentito all’automobilista M.O., 28 anni, residente a Reggello, di riavere la patente che gli era stata sospesa per sei mesi. A dicembre, è stata fissata la discussione nel merito dinanzi al giudice di pace.
Era il 20 maggio scorso quando il giovane, alla guida della sua Golf, venne fermato da una pattuglia. Venne sottoposto all’alcoltest e la macchinetta sancì il suo stato di ebbrezza alcolica: 1,91 grammi/litro alla prima rilevazione, 1,77 alla seconda, 1,61 alla terza. Tanto, troppo alcol per mettersi al volante.
E così, una decina di giorni dopo, un decreto del Prefetto dispose la sospensione della sua patente. Ma, come si legge nel ricorso presentato dall’avvocato Sabrina Del Fio, legale dell’automobilista, quella sera M.O. era stato a cena con la sorella (indicata tra i testimoni) e aveva bevuto acqua e mezzo bicchiere di vino.
Anche perché pochi giorni prima, il 28enne, mentre si trovava nella zona di Pisa per lavoro, aveva accusato forti dolori all’intestino e si era recato al pronto soccorso del Cisanello.
Gli venne diagnosticata un’appendicite acuta (il giorno precedente aveva avuto anche la febbre) e all’atto delle dimissioni gli venne prescitta una terapaia fatta di Amoxicillina e Metronidazolo.
E il Metronidazolo sarebbe proprio il responsabile della sua “ubriachezza“: tale medicinale, secondo la consulenza prodotta dal difensore dell’automobilista al giudice di pace, "non permette lo smaltimento dell’alcol assunto, anche in modiche quantità".
ste.bro.