
Gli scatoloni posti sotto sequestro
Vicchio, 27 febbraio 2015 - Numerose irregolarità sono state riscontrate da corpo forestale e Arpat in una ditta specializzata nella gestione di rifiuti pericolosi e sanitari con sede a Vicchio. La Forestale ha così sequestrato 192 contenitori tra scatole e bidoni di rifiuti sanitari a rischio infettivo “rifiuti che devono essere raccolti e smaltiti applicando precauzioni particolari per evitare infezioni”. Il sequestro probatorio è stato subito convalidato dal magistrato che ha già disposto lo smaltimento dei rifiuti tramite incenerimento.
A effettuare i controlli nella ditta di Vicchio è stato il personale del comando stazione del Corpo forestale di Borgo San Lorenzo (CFS) e dell’Arpat di Firenze, Settore Mugello, al fine di verificare il rispetto dell’Atto dell’Unione dei Comuni del Mugello per accertare le modalità di modifica sostanziale e di esercizio dell’impianto di gestione rifiuti. Infatti, l’impianto risultava autorizzato per lo stoccaggio di rifiuti pericolosi e non pericolosi che, in base all’autorizzazione e alla planimetria allegata all’atto, avrebbero dovuto essere depositati e stoccati nell’impianto in scaffalature e aree specificatamente adibite a ricevere distinte tipologie di rifiuti, che devono essere separate tra loro ed individuabili mediante etichettature ivi apposte.
La ditta, inoltre, era autorizzata allo stoccaggio in cella frigorifera di rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo per un tempo non superiore ai 25 giorni dalla presa in carico del rifiuto. L’accertamento ha evidenziato da subito che i rifiuti si trovavano stoccati per lo più presso l’impianto in maniera caotica e non differenziata per tipologia né tantomeno individuati mediante specifica etichetta riportante i codici CER per tipologia di rifiuto. In aggiunta i rifiuti giacevano anche stoccati in gran quantità sulla pavimentazione delle aree adibite alla movimentazione, essendo le scaffalature ricolme di altri rifiuti. La Forestale ha anche rilevato che, in difformità alla planimetria presente, nell’area dove era previsto lo stoccaggio in bacini di contenimento, i rifiuti erano invece depositati al di fuori dello stesso su pancali collocati sul pavimento e non identificabili mediante codici CER.
I rifiuti sanitari pericolosi erano sì imballati in parte con bidoni in plastica a chiusura ermetica specificatamente adibiti alla raccolta di quella tipologia di rifiuto e in parte in colli costituiti da scatole in cartone, anch’esse destinate alla raccolta di rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo, mentre è stato accertato che, i bidoni riportavano regolarmente l’indicazione del produttore originario del rifiuto e della data dell’imballaggio, i contenitori in cartone non sempre riportavano entrambe le indicazioni, rendendo pertanto impossibile sia la tracciabilità del rifiuto che l’ottemperanza dei tempi di stoccaggio. Sui colli non era neanche indicato il codice CER del rifiuto, che era solo desumibile dalla presenza sugli stessi imballaggi dei codici previsti per il trasporto delle merci pericolose in normativa ADR, corrispondente a “materie infettanti”. Parte dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo erano inoltre stoccati in singoli contenitori accatastati su pancali posti fuori dalla cella frigorifera, in violazione alle prescrizioni contenute nell'atto autorizzativo che prescrive lo stoccaggio sino a 25 giorni in cella frigorifera. Rispetto a questo un socio della ditta ha obiettato che i rifiuti stoccati lì erano stati presi in carico dall’impianto solo il giorno prima ma essendo la cella frigo già colma di altri rifiuti sanitari, erano stati lasciati all'esterno per necessità, in attesa di liberare parzialmente la cella.
Sono inoltre emersi superamenti delle quantità di rifiuti stoccati rispetto a quanto autorizzato.