di Gabriele Manfrin
Anche i muri parlano, dice un vecchio detto. E quello che sembrano dirci in città, non consola per niente. Tra svastiche in bella vista, profili social che ’chiedono’ di essere seguiti, offese e parolacce, ma anche insulti all’amministrazione, le facciate che circondano i nostri monumenti sono piene di macchie, scritte e scarabocchi. Profanate dal primo passante di turno, che si auto concede il diritto di usare come tela, i muri di uno dei luoghi più belli del mondo, se non il più bello. Dichiarazioni d’amore e politica, simboli, nomi, ma anche semplici date, quello che i vandali hanno da dire è li, in bella vista. Alcune scritte sono più mascherate, altre invece volutamente non nascoste; e la svastica a Palazzo Pitti ne è l’esempio più eclatante.
Già succede anche questo, che Il simbolo dell’odio per antonomasia, della discriminazione e violenza sia disegnato davanti all’ingresso di una delle strutture più iconiche di una città che nell’estate del ‘44 i nazisti, li ha cacciati con valore e sacrificio. Ma non è, purtroppo, l’unica svastica che si può trovare in giro. Quella che campeggia sulla loggia del pesce in piazza dei Ciompi, a pochi metri dalla moschea, ne è la dimostrazione.
La stessa struttura, che Vasari progettò a metà del 500, non si salva neanche dalle scritte. Discorso uguale per piazza di Sant’Ambrogio dove il tag a pennarello “Isotta ti amo”, domina uno degli angoli dello slargo. Ma la grossa novità, di cui in passato non c’era (logicamente) traccia, sono i richiami ai propri profili sui social network. “@sofia_610”, “@francescapedone” hanno pensato bene di scrivere i nomi dei propri account instagram, niente di meno che su Ponte Vecchio. “@yraans”, invece ha scelto come palcoscenico la basilica di Santa Croce aggiungendo “per favore seguimi su instagram”. L’epoca dell’apparenza e i suoi effetti collaterali, di questo stiamo parlando. Che cosa porta sponsorizzare il proprio account su Ponte Vecchio o su una basilica, spetta ai sociologi dirlo. Ma quando tik tok o instagram, appaiono come più importanti di un monumento lo sconcerto è forte.
Non sono scomparse nemmeno le classiche dichiarazioni d’amore. Il Ponte Vecchio ne è pieno. I simboli di un cuore, circondano le iniziali divise da un “+“. Ma le cinque lettere che compongano la parola ’ti amo’, si trovano ovunque in città. Qualcuna ama “Federico“ e l’ha scritto sul retro della loggia dei Lanzi. “Mimi“ amava Franci“ e l’ha scritto in piazza Pitti, mentre qualcun’altro che era innamorato di “Annalisa“, invece, l’ha scritto sulla colonna dell’abbondanza in piazza della Repubblica. Scritte sicuramente meno innocue di una svastica, ma non per questo autorizzate.
Non lo sono nemmeno le incisioni, fatte con un coltello o con le chiavi. Ma che non siano lavabili, ai vandali non sembra importare. E così basta avvicinarsi al Ratto delle Sabine e buttare un occhio sulla base della statua, per notare che è ricoperta da segni, scritte e simboli incisi nella pietra. Naturalmente indelbili. I posti iconici, presi di mira sono comunque diversi: Santo Spirito, piazza della Repubblica, ma anche i ponti.