
Stefano Massini sul palco della Pergola
"Altamente generico e lacunoso". La stangata, attesa da giorni, è arrivata con la pubblicazione dei verbali della Commissione consultiva per il teatro nel sito del Ministero della Cultura. "La Commissione – scrivono il presidente Alessandro Massimo Maria Voglino e tre membri rimasti, dopo le dimissioni degli altri tre – non ritenendo di poter esprime una valutazione compiuta, conferma, all’unanimità dei presenti, la non valutabilità del progetto triennale presentato dalla Fondazione Teatro della Toscana, previsto come condizione necessaria per il riconoscimento della qualifica di Teatro nazionale". Secondo i commissari, in particolare, il progetto non è "valutabile in termini numerici, in quanto non rispetta condizione necessaria per il riconoscimento della qualifica di Teatro nazionale" (e, infatti, tra i documenti pubblicati mancano i punteggi). Ma ritiene che la Fondazione possa "presentare domanda, a titolo diverso da quello richiesto, nel settore Teatri delle città, di rilevante interesse culturale che è coerente con la programmazione proposta".
Lo strappo, ormai nell’aria, si era consumato lo scorso 19 giugno. Quando la commissione, praticamente dimezzata perché tre commissari si erano dimessi in forte disaccordo, aveva dato il via al de profundis del Teatro della Toscana – che comprende la Pergola di Firenze, la sala di Rifredi e l’Era di Pontedera – e che dal 2015 si fregia del riconoscimento di Teatro di rilevanza nazionale. Fin da subito lo scontro politico tra l’amministrazione rossa della Toscana e di Firenze e il governo meloniano appare violento, con accuse e controaccuse reciproche. Da allora in città si aspettava con ansia di conoscere le sorti della Pergola, uno dei più importanti teatri storici italiani dove sono passati personaggi come Eleonora Duse e dove è nata la Bottega Teatrale di Vittorio Gassman.
Si aspettava il nero su bianco delle scelte della Commissione. E ora ci sono. Una bocciatura sul lavoro del direttore artistico Stefano Massini. Il progetto trennale "si riscontra che, dalla domanda presentata dalla Fondazione, risulta altamente generico e lacunoso su molte produzioni relative alle annualità 2026 e 2027". Secondo i commissari (non dimissionari) "non sembrano esserci le condizioni per una conferma della Fondazione come Teatro Nazionale". Ed è qui che il 18 giugno scorso si consuma lo strappo tra i membri della Commissione (da una parte i tre espressione delle istituzioni locali, dall’altra i quattro di nomina ministeriale) che alla fine decide per la bocciatura del teatro di Firenze. Ma già in precedenza la maggioranza della Commissione aveva fatto capire che l’incartamento per mantenere lo status di Teatro Nazionale era debole. I verbali della riunione del 5 giugno parlano chiaro: "Permangono inevitabili perplessità circa la piena coerenza fra la domanda presentata al Ministero a febbraio, il Bilancio preventivo approvato il 28 aprile 2025 e la seguente nota protocollata 1440 della Fondazione del 21 maggio 2025. Perplessità che riguardano in special modo le collaborazioni e le coproduzioni internazionali fortemente ridimensionate, i tagli al costo del personale e le rilevanti chiusure estive di tutti e tre i teatri, Pergola inclusa. Il presidente si riserva di tornare sull’argomento quando verrà affrontato il tema dei Teatri Nazionali". Dai verbali di sedute ancora precedenti (7-8 maggio), a proposito del programma triennale si legge: "per quanto poetico risulta estramente generico se non inesistente". Appare "inoltre fortemente autoriferito, privo cioè della pluralità che un Ente nazionale dovrebbe garantire". E il Teatro della Toscana diventa "il teatro del direttore artistico Stefano Massini". Questo "appare confermato dalla dicitura adottata nel suo contratto che stabilisce che egli ’individua insindacabilmente, determina e dispone le linee artistiche’, escludendo ogni rapporto con il direttore generale, in palese conflitto con lo statuto della Fondazione e con le norme vigenti: fatto, peraltro, che potrebbe comportare la nullità del contratto stesso e l’inutilità del lungo lavoro di analisi della Commissione". Nessuna pietà anche dal punto di vista delle attività: "La sopravvenuta interruzione degli importanti rapporti artistici e di collaborazione internazionali rappresenta un elemento di forte negatività, stante il fatto che è caratteristica propria dei teatri nazionali svolgere tale tipo di attività". La Fondazione adesso potrà presentare istanza di revisione contro tale decisione. In caso di declassamento, la Fondazione perderà circa 400mila euro di contributi statali.