
I soccorsi dopo l’esplosione in via dei Georgofili nel maggio del 1993
Firenze, 22 aprile 2022 - Non c’è "il nesso di pertinenza tra i reati per cui si procede, il presunto finanziamento documentato dalla scrittura privata e il sequestro di documenti e dati informatici rispetto a terzi": la Cassazione, ha motivato così, la bocciatura dei sequestri di documenti e dati informatici che la procura di Firenze ha effettuato nei confronti di appartenenti alla famiglia Graviano, parenti prossimi (non indagati) del boss Giuseppe che, da qualche tempo, sta “parlando“ con i magistrati che indagano sui mandanti delle stragi del 1993 e del 1994, periodo in cui cosa nostra colpì anche in riva all’Arno con la bomba dei Georgofili. Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri hanno nuovamente ricevuto avvisi di garanzia.
Ma a discapito delle teorie accusatorie, piombano queste motivazioni che seguono la decisione del 23 marzo scorso, con cui i giudici della Suprema Corte avevano annullato (con rinvio al tribunale del Riesame) i provvedimenti firmati dai pm fiorentini. Senza il "nesso di pertinenza", a cui fanno riferimenti gli ermellini della Quinta sezione penale, cade la cosiddetta misura di vincolo tra la ricerca della famosa scrittura privata, a cui avrebbe fatto riferimento Graviano, tra suo nonno e Berlusconi, ipotetica prova del presunto finanziamento mafioso a monte della strategia stragista, e l’estensione delle perquisizioni fino ai parenti non indagati. Vincono, almeno fino a quando non arriverà (se arriverà) una diversa motivazione a sostegno delle acquisizioni, Nunzia e Benedetto Graviano, sorella e fratello dei boss Filippo e Giuseppe. Illegittimo è il sequestro di quanto estratto da quattro cellulari, due computer ed una drive-pen.
Le dichiarazioni. Giuseppe Graviano aveva detto ai pm Luca Turco e Luca Tescaroli, che "soggetti a lui vicini" avevano dei documenti che indicavano che la mafia aveva finanziato con venti miliardi di vecchie lire Silvio Berlusconi, all’esordio delle sue attività imprenditoriali, e che questi "rapporti finanziari" costituirebbero "l’antefatto rispetto alla strategia che ha condotto alle stragi del biennio 1993-94". Ad avviso della difesa di Benedetto e Nunzia Graviano (non indagati) "i decreti di perquisizione si fonderebbero su una “fantasmagorica ipotesi investigativa“, secondo la quale i delitti di strage sarebbero riconducibili" ai due indagati Berlusconi e Dell’Utri, "uno dei quali, Silvio Berlusconi, avrebbe ricevuto in anni antecedenti, da Filippo Quartararo, nonno del Graviano, la somma di 20 miliardi di lire, dazione comprovata di una scrittura privata, in possesso a soggetti vicini al Graviano". Secondo la difesa, affidata all’avvocato Mario Murano, inoltre, i provvedimenti di sequestro sarebbero privi di "criteri selettivi" e "senza indicazione tra il reato contestato e i dati informatici che si intendono vincolare".
Le motivazioni. Il ricorso è stato giudicato "fondato". Secondo la Cassazione, si deve "evitare che il sequestro probatorio assuma una valenza meramente esplorativa di notizie di reato diverse ed ulteriori rispetto a quella per cui si procede": la cosiddetta “pesca a strascico“.