
In attesa dell’udienza dinanzi al Gup sulle richieste di rinvio a giudizio nell’inchiesta bis sui mandanti della strage di Bologna, pare che da quel 2 agosto lontano 40 anni polvere e fumo dalle macerie della stazione siano ben lungi dall’esser diradati. Secondo i familiari delle vittime – tra cui vi furono la montespertolese Maria Fresu (23 anni) con la piccola figlia Angela (3 anni) e la coetanea Verdiana Bivona –, sarebbe in atto un nuovo tentativo di sviare l’attenzione dalle verità processuali e storiche sinora accertate. E’ successo questo nei giorni scorsi: l’ex "Terza Posizione" Gabriele Adinofi ha pubblicato un dossier scaturito da una propria inchiesta dal titolo "Orchestra rossa". Se la lunga fase processuale culminata di recente con la condanna di Gilberto Cavallini per concorso in strage ha fatto emergere le responsabilità neofasciste, Adinolfi ribalta il piano: "Oggi più che mai, una lettura necessaria per farla finita con la leggenda dello stragismo nero". In questo dossier su stragi e terrorismo Gabriele Adinolfi divulga "gli elementi che inchiodano alle loro responsabilità alcuni ambienti dell’ultrasinistra" collusi – sempre secondo Adinolfi – con vari poteri.
Gabriele Adinolfi ha oggi 66 anni. Comincia ad impegnarsi in politica nel 1968. Dal 1970 in poi aderisce alle formazioni extraparlamentari (Fronte Studentesco, Avanguardia Nazionale, Lotta di Popolo, Alternativa Studentesca). Nel 1976 insieme a Giuseppe Dimitri e Roberto Fiore, presso la Libreria Romana allora tenuta da Walter Spedicato, fonda Lotta Studentesca. Dal 1977 Lotta Studentesca si trasforma in Terza Posizione. Il 28 agosto del 1980, cioè 26 giorni dopo l’orrenda strage alla stazione di Bologna (85 morti, oltre 200 feriti), Adinolfi, insieme a Fiore e altri ventisei esponenti della destra radicale, è oggetto di mandato di cattura per reati associativi.
"Che Adinolfi e gli altri tentino di allontanare la colpe dallo stragismo nero è il minimo – attacca il presidente dei familiari delle vittime, Paolo Bolognesi (nella foto) – ma sono tentativi abortiti in partenza. Tutte queste considerazioni per allontanarci dalla verità saranno nulla". Posizioni lontane dalla verità sinora emersa condannate anche dai familiari stretti di Maria Fresu, come la cugina Lida (oggi ottantenne). Ultima cosa ma fondamentale: il famoso presunto Dna di Maria Fresu, i cui resti non sono mai tornati al camposanto di Montespertoli, sarà prezioso anche nei nuovi dibattimenti che si profilano (Cavallini in appello e processo-bis).
Andrea Ciappi© RIPRODUZIONE RISERVATA