"Strage dei Georgofili, ferita mai rimarginata"

Rievocata in Palazzo Vecchio la notte del 27 maggio 1993 che cambiò la vita della città per sempre. Il dolore dei parenti delle vittime

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FIRENZE

Quando come orario si sente pronunciare 1,04 a Firenze l’ansia ti mangia. Proprio in quel momento infatti il 27 maggio 1993 un Fiat Fiorino carico di esplosivo ad alto potenziale scoppiò in via dei Georgofili, causando la morte di cinque persone e il ferimento di altre 48. Una strage per obbligare lo Stato a far marcia indietro sul "carcere duro" per i boss mafiosi e sulla strage dei pentiti. A Palazzo Vecchio si è ricordato l’evento che ha cambiato Firenze, per conto di cosa nostra (il minuscolo deriva dal consiglio dell’ex procuratore capo di Firenze Giuseppe Quattrocchi che si chiede giustamente "Perché usare le maiuscole?") e, probabilmente, di altri mandanti. "La mafia è un tema ancora attuale", ammonisce il prefetto Valerio Valenti durante la giornata-ricordo a Palazzo Vecchio, in cui è stato più volte menzionato anche il magistrato Gabriele Chelazzi, il pm che individuò e fece condannare mandanti ed esecutori delle stragi ’93-‘94.

Luigi Dainelli, presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage dei Georgofili, proprio non ce la fa a nascondere l’amarezza: "Si parla tanto di anniversari, ma per me ogni giorno è un dolore – confessa -. E non si deve omettere che la trattativa Stato-Mafia c’è stata eccome, guarda caso dal 1994 le stragi sono finite. Forse la mafia ha ottenuto quello che voleva".

Da 29 anni Dainelli si chiede qual è la verità di quel giorno, dello squarcio nella notte e degli eventi che ne seguirono. E non tutte le risposte sono arrivate. Di certo c’è un prima e dopo. Basta sentire il prefetto Valenti: "I Georgofili rappresentano una svolta, si è passati dalla teoria che la mafia era radicata solo al Sud alla certezza che invece la strategia mafiosa riguardava anche beni artistici, monumentali e andava combattuta a 360 gradi sul territorio nazionale".

E pure Quattrocchi che, nel ringraziare più volte il giornalista Francesco Nocentini (una enciclopedia su quel triste giorno), ha parlato di "date insopportabili" e della necessità di coinvolgere il più possibile i giovani: da questo punto di vista il Salone dei Cinquecento pieno di ragazzi è una risposta, ma il lavoro da fare è ancora molto.

Nel 2023 saranno 30 anni. La speranza è che prevalga il rispetto delle vittime - di chi ha sofferto, di chi soffre ancora in silenzio - anche per i politici nazionali, alle prese con le elezioni, che vengano evitate passerelle o frasi di circostanza: i voti valgono molto meno di quello che deve aver provato chi è stato svegliato nel cuore della notte da un boato in circostanze strane, oscure più di quella stessa notte, e ancora non del tutto chiarite.

Niccolò Gramigni

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