Stefano Brogioni
Cronaca

Consiglio di Stato, sparò ai buttafuori con l’arma del marito: cacciata dalla polizia

L’agente, in servizio presso la questura di Firenze nel 2014, intervenne in difesa del figlio accusato di furto. Dopo la condanna nel processo penale è stato confermato anche il provvedimento di destituzione

Un'aula di tribunale

Un'aula di tribunale

Firenze, 29 agosto 2024 – La poliziotta che si fece “giustizia da sola”, andando a minacciare i buttafuori di una discoteca che avevano allontanato suo figlio perché ritenuto coinvolto in alcuni furti avvenuti nel locale, è stata destituita dalla polizia. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, che ha respinto il ricorso presentato dai legali dell’ex agente in forza alla questura di Firenze, ribadendo quanto già stabilito da una precedente sentenza del Tar del Lazio.

Il provvedimento impugnato era quello del capo della polizia che aveva emesso il decreto dopo una condanna della poliziotta da parte del tribunale penale a tre anni e tre mesi e dodicimila euro di multa, con interdizione dai pubblici uffici per cinque anni per minaccia aggravata dall’uso delle armi e dall’abuso dei doveri inerenti la pubblica funzione, con finalità di discriminazione razziale e di porto illegale di armi in luogo pubblico. Provvedimento notificato dall’Amministrazione il 1 agosto del 2022, dopo che la condanna penale era diventata definitiva.

I fatti. Nella notte tra il 16 il 17 agosto del 2014 la poliziotta e il marito, pure lui poliziotto ma in pensione, si sarebbero presentati armati fuori da una discoteca di via Palazzuolo, minacciando tre senegalesi addetti alla sicurezza e accusando uno di loro di aver ingiustamente denunciato il loro figlio per alcuni furti nel locale. La poliziotta avrebbe anche puntato una pistola Glock calibro 40 alla testa di uno degli addetti, poi avrebbe esploso due colpi, uno in aria e uno ai piedi di un altro buttafuori. In seguito alla denuncia presentata dai security, nacquero due procedimenti, quello penale e quello disciplinare.

I vertici della polizia adottarono il provvedimento più duro, quello appunto della destituzione. L’agente avrebbe agito "con grave abuso di autorità e fiducia, avvalendosi indebitamente della sua qualifica e ponendo in essere una condotta delittuosa spavalda e tracotante, con comportamento giudicato oltremodo riprovevole ed assolutamente inconciliabile con le funzioni di alto profilo demandate dall’ordinamento giuridico ad ogni operatore di polizia, oltre che in spregio dei doveri assunti con il giuramento”.

La condotta della poliziotta avrebbe “arrecato grave nocumento al prestigio e al decoro dell’Amministrazione di appartenenza e leso il vincolo fiduciario con quest’ultima, essendosi palesata una evidente impossibilità di affidamento sulle sue doti morali e caratteriali poiché, nella sua qualità di tutrice dell’ordine, avrebbe dovuto considerare il disvalore delle sue azioni, astenendosi dal commetterle”. La donna aveva impugnato la destituzione prima al Tar e poi al Consiglio di Stato lamentando vizi nella procedura e lamentando una sanzione troppo pesante per la sua carriera fino a quel momento inappuntabile. Ma in questi giorni proprio i giudici del secondo grado di giudizio amministrativo hanno respinto i reclami e confermato la destituzione della poliziotta fiorentina che abusò della sua divisa.