
La circolare del Viminale sblocca la possibilità di vietarle in tutte la città . Ora spunta l’ipotesi di modifica al regolamento di polizia urbana.
di Francesco Ingardia
Roma chiama Firenze risponde. A margine del Cosp in prefettura la sindaca Funaro gongola dopo l’assist e il gioco di sponda registrato lunedì dal Viminale. Perché dopo sei mesi trascorsi a reclamare maggiori poteri in mano ai sindaci, ci sono sufficienti elemeni per concludere che nella battaglia a difesa dell’identità storica di città d’arte come Firenze alle prese con l’overtourism, Funaro non è più da sola. Al netto dello stop a nuovi affitti brevi in centro storico a colpi di delibere, prende corpo ora la logica del doppio binario. Da un lato la modifica del regolameno Unesco per vietare le keybox, fronte decoro. Dall’altro, fronte sicurezza, la circolare romana datata 18 novembre del dipartimento di pubblica sicurezza del ministero dell’Interno - licenziata dal capo della polizia Vittorio Pisani - inviata a prefetture e questore del Bel Paese che di fatto rende illegale la pratica dell’identificazione a distanza tra conduttore e locatore per accedere nella struttura ricettiva prenotata. Il self chek-in non rispetta standard di sicurezza stabiliti dall’articolo 109 del Tulps, il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.
"La circolare ci chiede di affermare un principio che esiste da tempo - chiarisce ai cronisti, a margine del Cosp, la prefetta Francesca Ferrandino -. L’identificazione del turista, del resto deve avvenire de visu. Non si può affidare agli strumenti che ci offre la tecnologia moderna. Ne stiamo parlando da un po’ di tempo con la sindaca, definendo una serie di azioni per garantire ulteriormente il rispetto della norma. E in questo, c’è perfetta sintonia". Certificata nero su bianco dall’attività della prefettura stessa, con l’"ausilio essenziale della Camera di Commercio", da una "scrematura e mappatura delle situazioni critiche". "Cerchiamo di capire, perché non è che tutte le strutture ricettive sono fuori norma", ravvisa Ferrandino.
Che scenario si apre, quindi, con la stretta decisa dal ministro Piantedosi? Certamente quello di un ’gancio plastico’ per normare anche al di fuori del perimetro Unesco. "Stiamo valutando gli strumenti che potremmo utilizzare. Un’ipotesi da approfondire - ammette Funaro - è la modifica al regolamento di polizia urbana", previa copertura giuridico-amministrativa. Certo, rimane ostico il capitolo dei controlli a tappeto, data la mole (di migliaia e migliaia) di immobili messi a reddito che usufruiscono delle keybox. In ogni caso, modifica del regolamento Unesco necessità comunque di passaggi obbligatori. Tra cui la navetta giunta-commissione-consiglio comunale. Da Palazzo Vecchio filtra ottimismo per giungere al divieto tra l’ultima settimana del 2024 e l’inizio del 2025.
Inevitabili, le reazioni tipiche del day after. Alcune inattese, considerando le geometrie variabili della politica. Da Roma e dalla Lega di Matteo Salvini. La stessa forza politica che ha rivendicato per sè la casella del Viminale e la primogenitura di Piantedosi come ministro. Il dipartimento Economia del Carroccio si dice ora "perplesso" letta la circolare: "Chiediamo maggiore attenzione su una misura che rischia di alimentare il nero e di penalizzare ulteriormente il diritto di proprietà 600 mila piccoli proprietari e l’attività imprenditoriale di 30 mila gestori". Solita levata di scudi da parte di Property Manager, con il suo presidente che frontalmente attacca gli Interni: "Piantedosi dimostra scarsa conoscenza del settore degli affitti brevi. Non è vietando le keybox che si affronta il tema della sicurezza: non sono uno strumento per eludere la legge ma una soluzione tecnologica ampiamente usata per rispettare gli obblighi di identificazione entro i tempi previsti. Applicare indiscriminatamente gli stessi obblighi previsti per le strutture alberghiere alle locazioni brevi denota un’incomprensione delle dinamiche del settore e rischia di penalizzare un comparto fondamentale per il turismo italiano".