
Tribunale (foto d'archivio)
Firenze, 26 settembre 2020 - E’ stato condannato a nove anni e mezzo, in abbreviato, Massimo Ricci, 56 anni, il «mostro» della Rufina, accusato di sequestro e altre atrocità ai danni della ex cognata, moglie di uno dei fratelli. Il pm, Beatrice Giunti, aveva chiesto 14 anni. Davanti al gup, Antonella Zatini, c’era anche il fratello di Ricci, Terzilio: per lui, che non ha patteggiato una pena a 4 anni, è stato disposto il rinvio a giudizio. Prosciolta la terza imputata, Annalisa Zocchi, compagna di Terzilio, assistita dall’avvocato Giorgio Ponti: una perizia l’ha giudicata incapace.
I fatti si collocano nel settembre del 2019, nella campagna di Cigliano. E’ qui, che la donna, P.C., 54 anni, per un mese sarebbe rimasta segregata in un pollaio fino a quando, in assenza del suo ’carceriere’, trovò forza e coraggio per scappare e denunciare. La segregazione, secondo il racconto della vittima, sarebbe cominciata dopo essere stata portata da Ricci nel podere dove viveva, tra miseria e sporcizia, con il pretesto di chiarire una vecchia questione tra loro. P.C. ha raccontato ai carabinieri di essersi addormentata all’improvviso dopo aver mangiato. Al suo risveglio, cazzotti in testa, frustate con un tubo di plastica, uno spago ad ammanettarle i polsi e costringerla distesa alla rete di un letto. E poi rapata, offesa, derisa. E derubata delle sue poche cose: il cellulare e la carta coi soldi del reddito di cittadinanza. Ha detto che nei giorni di prigionia ha dovuto urinarsi addosso perché impossibilitata a fare altro. Un racconto che il legale del Ricci, l’avvocato Iorio di Avellino, ha provato a smontare, mettendo in dubbio l’attendibilità della vittima.
Stefano Brogioni