Ricusati tre giudici: "Sentenza già scritta senza la discussione". E i penalisti insorgono

Prima dell’ inizio dell’ultima udienza, il difensore dell’imputato trova nel fascicolo del dibattimento la condanna del suo assistito. La giustificazione del collegio: "Era una bozza, potevamo cambiare idea"

Un tribunale (Foto repertorio Ansa)

Un tribunale (Foto repertorio Ansa)

Firenze, 24 febbraio 2024 – Il pubblico ministero non aveva ancora pronunciato le sue conclusioni. Il difensore dell’imputato non aveva ancora esposto la sua arringa. Ma i giudici avevano già deciso, prima di aver ascoltato le parti e prima dell’ingresso in camera di consiglio: l’imputato è colpevole.

Cinque anni e mezzo, la pena. Questo stabiliva il dispositivo della sentenza che l’avvocato Filippo Viggiano, legale dell’imputato, un marocchino accusato di maltrattamenti in famiglia, ha trovato, non senza sorpresa, nel fascicolo del dibattimento. Sorpresa perché, il giorno del “ritrovamento“, cioè lo scorso 14 febbraio, il processo era tutt’altro che concluso: in quella data, si sarebbe dovuta celebrare la discussione, con le conclusioni del pubblico ministero (che può chiedere la condanna, ma anche l’assoluzione dell’imputato) e la replica del difensore. Poi i giudici si sarebbero ritirati in camera di consiglio e sarebbero usciti con la decisione.

E cioè con un dispositivo fatto, almeno nella forma, come quello che l’avvocato Viggiano ha trovato nel fascicolo a processo ancora aperto. Quel dispositivo , con lo stemma del tribunale, le generalità dell’imputato, l’entità della condanna e pure la pene accessorie, era datato 18 ottobre 2023, ovvero la data dell’udienza precedente. Quella in cui era stato sentito l’imputato ma poi, per ragioni di tempo, l’udienza era stata rinviata a febbraio. L’avvocato Viggiano ha ricusato i tre componenti del collegio (i giudici Anna Favi, Virginia Mazzeo e Ilaria Zucconi): adesso la palla passa alla corte d’appello. Tuttavia, come ricostruisce una nota del direttivo della Camera Penale di Firenze, presieduta dall’avvocato Luca Maggiora, "a fronte di tale oggettività il difensore in apertura di udienza ha sollecitato l’astensione del Collegio giudicante con richiesta di concessione del termine per proporre istanza di ricusazione".

"La vicenda - prosegue la nota dei penalisti fiorentini - poteva, anzi doveva, finire qua con le determinazioni cui il Collegio era stato chiamato a decidere dalla difesa. Il Collegio, nella persona del Presidente, ha invece ritenuto dover giustificare il documento rinvenuto dal difensore sostenendo che tale doveva ritenersi una “bozza” che, ovviamente, non era indicativa di alcuna decisione e che tale modalità spesso veniva utilizzata dal Collegio che, altrettanto ovviamente, non era vincolato a tale bozza che poteva cambiare, anche, in una decisione di assoluzione.Il tutto condito dall’incursione del cancelliere che ha ritenuto dover interloquire direttamente con il difensore chiedendogli quando avesse rinvenuto il documento".

“Qualunque fossero state le argomentazioni del Pubblico Ministero e della difesa, non avrebbero minimamente inciso sulla decisione già assunta dal Tribunale - conclude la Camera Penale -. Il fatto è oggettivamente grave e reca con sé una serie di considerazioni che, ormai da troppo tempo, dimorano nella testa degli Avvocati. Auspichiamo quindi che fatti di questa gravità non si verifichino più e che la magistratura giudicante valorizzi, al termine delle istruttorie, le parole e le riflessioni delle parti processuali".

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