Genitori di Renzi, processo per fatture false: il pm chiede condanna a 1 anno e 9 mesi

Assenti in aula Tiziano Renzi e la moglie Laura Bovoli. C'è invece l'imprenditore Luigi Dagostino: per lui è stata chiesta una condanna a 2 anni e 3 mesi

Tiziano Renzi e Laura Bovoli (foto Ansa)

Tiziano Renzi e Laura Bovoli (foto Ansa)

Firenze, 7 ottobre 2019 -  E' attesa per oggi la sentenza del tribunale di Firenze per il processo per presunte false fatture che vede imputati i genitori dell'ex premier Matteo Renzi, Tiziano Renzi e Laura Bovoli (non presenti in aula), insieme all'imprenditore Luigi Dagostino. Davanti al giudice Fabio Gugliotta, il pm Christine Von Borries ha chiesto per i genitori di Renzi una condanna a 1 anno e 9 mesi. Per Dagostino la richiesta di condanna è di 2 anni e tre mesi.

Dopo le arringhe dei difensori e delle parti civili ci sarà la camera di consiglio. «Il pm nella sua richiesta ha chiesto il minimo della pena perché forse pensa che la prova non sia così imponente da meritare una sanzione proporzionata alla gravità del fatto esposto nel capo di imputazione - commenta il difensore di Tiziano Renzi, Federico Bagattini - Non si sta discutendo di una fattura falsa da 5 euro ma di un complesso di 160mila euro: il minimo della pena ha un suo significato che io assegno forse a questa insicurezza di base». 

Per il fallimento di tre cooperative, nel marzo scorso gli imputati erano finiti agli arresti domiciliari su richiesta della procura diretta dal procuratore capo Giuseppe Creazzo. Le fatture contestate dall'accusa al centro del processo sono due: una da 20.000 euro e l'altra da 140.000 euro. Le fatture vennero pagate alla società Party srl (quella da 20mila euro) e alla Eventi 6 srl (quella da 140mila euro) nel luglio 2015. Secondo la procura la fattura da 140 mila euro per progetti di fattibilità su aree ricreative e per la ristorazione all'outlet del lusso 'The Mall' di Leccio di Reggello ( Firenze) sarebbe per consulenze pagate ma non realizzate. L'altra fattura da 20 mila euro risulta emessa dalla Party srl (unica fattura emessa dalla Party nel 2015), società fondata da Tiziano Renzi (con il 40% della quote) e dalla Nikila Invest, srl amministrata da Ilaria Niccolai (60%), compagna dell'imprenditore Luigi Dagostino. I fatti, per come sono stati ricostruiti dalle indagini, risalgono al 2015 quando Dagostino era amministratore delegato della Tramor, società che si occupava della gestione dell'outlet 'The Mall'. Dagostino avrebbe incaricato le società Party ed Eventi 6, entrambe facenti capo ai coniugi Renzi, di studi di fattibilità per lavori all'outlet. Durante il dibattimento in aula, un consulente tecnico citato dalla difesa, il commercialista Francesco Mancini, rispondendo alle domande di uno dei legali di Laura Bovoli, avvocato Francesco Pistolesi, ha affermato che le due fatture oggetto del processo furono regolarmente contabilizzate e non provocarono alcun danno all'Erario. 

"Se avesse ritenuto quelle fatture troppo alte per il lavoro svolto avrebbe dovuto non pagarle", replicò il legale dei Renzi, Federico Bagattini. Il 15 luglio il padre e la madre di Matteo Renzi hanno scelto, invece, di non presentarsi in aula, ma tramite i loro legali hanno depositato due memorie scritte. Nelle memorie difensive "i coniugi Renzi - spiegò Bagattini - hanno sostenuto quello che i loro difensori hanno già anticipato, e cioè che le due fatture sono assolutamente vere, relative a prestazioni effettivamente eseguite, e che tutte le tasse e le imposte relative a questa fatturazione sono state regolarmente versate". "Ho sempre lavorato e dato lavoro: non ho avuto bisogno di avere il figlio premier per lavorare" e "chi dice il contrario mente" scrisse Tiziano Renzi in un passaggio della memoria consegnata al tribunale. "Non c'è nessuna fattura falsa - proseguiva Tiziano Renzi - solo tante tasse vere, tutte pagate fino all'ultimo centesimo: questo è oggettivamente esistente". Il padre dell'ex premier aggiungeva: "Mi indigno quando sento parlare di evasione, di lavoro nero, di assurdità che non mi hanno mai riguardato" e, "quando mio figlio è diventato presidente della Provincia nel 2004 la prima conseguenza è stata abbandonare tutti i rapporti con società partecipate di enti pubblici, a cominciare da quello con la Centrale del Latte di Firenze". 

Laura Bovoli, imputata per due presunte false fatture con il marito Tiziano Renzi, in qualità di amministratrice della società Eventi 6, nella dichiarazione spontanea scritta depositata durante l'udienza del 15 luglio scorso al tribunale di Firenze si è scusata, innanzitutto con il giudice Filippo Gugliotta, per non essere comparsa "personalmente in aula", una scelta dettata anche per evitare "una nuova sovraesposizione mediatica". "Mi scuso per non essere in aula. Ho quasi 70 anni e non ho mai avuto nessun problema con la giustizia fino agli ultimi 12 mesi dove sono passata da cittadina reprensibile a criminale incallita - scriveva la madre dell'ex premier Matteo Renzi - Da nonna premurosa al 'lady truffa', per quello che vedo i miei nipoti su social network. E non reggo l'emozione. E non mi va di piangere in pubblico". "Quello che è certo - continuava Laura Bovoli - è che non ho truffato nessuno, ho sempre pagato tutte le tasse e ho seguito le stesse procedure che hanno consentito di lavorare per 35 anni senza nessun problema e creando qualche posto di lavoro. Io non sono 'lady truffa'. Spero che la giustizia possa appurarlo. E spero soprattutto che i miei nipoti possano vedere riconosciuta la verità". 

"Non c'è nessuna fattura falsa, solo tante tasse vere, tutte pagate fino all'ultimo centesimo: questo è 'oggettivamente esistente'. Mi indigno quando sento parlare di evasione, di lavoro nero, di queste assurdità che non mi riguardano e non mi hanno mai riguardato". Lo ha affermato Tiziano Renzi, padre dell'ex premier, imputato con la moglie Laura Bovoli, nel processo per due presunte false fatture, nella dichiarazione spontanea scritta depositata lo scorso 15 luglio davanti al tribunale di Firenze, tramite i suoi legali, gli avvocati Federico Bagattini e Lorenzo Pellegrini. Aggiungeva poi Renzi senior: "Una considerazione, difficile, personale. Ho sempre lavorato: non ho avuto bisogno di avere il figlio Premier per lavorare. Vi sono state crisi aziendali, come molti imprenditori italiani. Sono state per fortuna superate, a cominciare da quella terribile del 1995, l'unica nella quale si è stati costretti a fare dei licenziamenti. Ho sempre lavorato e dato lavoro. Chi dice il contrario, mente". "Ma quando mio figlio è diventato presidente della Provincia, nel 2004, la prima conseguenza è stata abbandonare tutti i rapporti negoziali con società partecipate da enti pubblici, a cominciare da quello con la Centrale del Latte di Firenze - scriveva sempre il padre dell'ex premier Matteo Renzi - Se è un reato chiamarsi Renzi, allora sono colpevole, non c'è bisogno nemmeno di celebrare un processo. Giudicatemi, invece, per le prestazioni che ho svolto e per le tasse che ho pagato, non per il nome che porto". 

 

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