CARLO CASINI
Cronaca

San Salvi scommessa infinita: "Ora case per studenti e anziani. Ma al parco manca una piazza"

Claudio Ascoli, anima dell’area che ospitava il vecchio manicomio, analizza limiti e prospettive. Intanto anche oggi proseguono gli appuntamenti per il centenario della nascita di Franco Basaglia.

San Salvi scommessa infinita: "Ora case per studenti e anziani. Ma al parco manca una piazza"

Proseguono a San Salvi gli eventi di Franco Basaglia 100, il festival (che fa parte dell’Estate fiorentina) dedicato al centenario della nascita dello psichiatra padre della legge che ha decretato il superamento dei manicomi in Italia. Un calendario di iniziative che restituisce San Salvi e la sua memoria alla città e che è consultabile sul sito internet Chille.it.

Ieri si è tenuto ‘Manicomio addio! Contro tutti i muri’, uno spettacolo di Claudio Ascoli e Sissi Abbondanza ("Compagni di vita e di lavoro", si definiscono i due autori teatrali) che raccontano i Basaglia in dialogo-scontro con due giovani spett-attrici: Salomè Baldion e Sara Tombelli. Oggi alle 17,30 invece ci sarà la presentazione del libro fotografico ‘Morire di classe - La condizione manicomiale fotografata da Carla Cerati e Gianni Berengo Gardin’ alla presenza dello stesso Gianni Berengo Gardin e don Andrea Bigalli.

Ascoli, direttore artistico di Chille de La Balanza, il senso della rassegna?

"Siamo residenti nell’ex manicomio di San Salvi da 26 anni, fatto unico in Italia, per costruire un presidio culturale che consenta, nello spirito di Franco Basaglia, di far entrare la città nell’ex manicomio, conservandone la memoria. In questo progetto cominciato a inizio giugno e che finirà a metà agosto abbiamo spettacoli, incontri, presentazioni di libri e attività che ricordano la lezione di Basaglia, il superamento del manicomio e soprattutto l’attualità sia della salute mentale sia di cosa fare di questi enormi spazi in tutta Italia, gli ex manicomi, che vivono tutti un percorso di rigenerazione urbana, come San Salvi".

Oggi un ospite d’onore: Gianni Berengo Gardin

"Il più importante fotografo e fotoreporter italiano, oggi 93enne, che ritorna a San Salvi: uno dei manicomi che fu fotografato dalla Cerati e da Gianni Berengo Gardin, soprattutto i reparti femminili; quindi Berengo Gardin viene a ritrovare il luogo, e a dare un suo messaggio sul superamento del manicomio e sul non tornare indietro".

Siete un’istituzione da un quarto di secolo a San Salvi. Com’è cominciato tutto e dove sta andando?

"Arrivammo nel ‘98, dovevamo essere lì per fare uno spettacolo e basta. Carmelo Pellicano, ultimo direttore di San Salvi, ci disse ‘Se volete potete farlo a condizione che non rimaniate la settimana dello spettacolo, ma almeno sei anni’. Da allora ne sono passati 26. All’inizio non capimmo, ma lui disse: ‘Bisogna costruire un presidio culturale permanente, perché nel momento in cui esce l’ultimo matto e entra in città bisogna far sì che la città con intelligenza e sensibilità entri nel manicomio, ne capisca la sua storia, cosa è accaduto e cosa potrebbe accadere di nuovo. Questo si può fare solo se c’è un presidio permanente che quotidianamente fa iniziative. Questa cosa è servita veramente: il percorso col Comune, la Regione, la Asl e con i cittadini per collaborare a un nuovo piano operativo su San Salvi che tenga conto della memoria è ben avviato. Dal ‘98 ad oggi abbiamo avuto in questo spazio più di 600mila persone che sono entrate nelle diverse iniziative; sono numeri significativi per essere una realtà relativamente piccola".

Come si trasformerà San Salvi?

"Il bicchiere per me è mezzo pieno ma non del tutto. È positivo che non vengaa costruito né distrutto nulla, è tutto vincolato alla Sovrintendenza e verranno riutilizzati gli edifici esistenti con dei social housing popolari per giovani e anziani. Altra cosa positiva, c’è un vecchio murales dipinto nel ‘78 quando per la prima volta entrarono i fiorentini nel manicomio: quell’immobile, di proprietà del Comune, verrà ripristinato e dovrebbe diventare la sede della Tinaia, il centro di attività espressive dove hanno dipinto i matti un tempo e dove oggi dipingono le persone che hanno dei problemi di salute mentale. Tra Comune, Regione e Comunità europea, si sono trovati una decina di milioni di euro da investire".

E il bicchiere mezzo vuoto? "Mancano due o tre cose. La prima una piazza, magari del mercato, così da far vivere questo luogo, come nel manicomio di Trieste. La seconda: c’è un cinema teatro abbandonato di epoca fascista, dove andavano i matti e le matte, che è stato rimesso nel piano operativo per essere conservato. C’è l’intenzione però non ci sono soldi. Poi un museo della memoria e dell’art brut di San Salvi che manca: abbiamo 1.200 foto del superamento del manicomio, disegni, dipinti, lettere. Siamo pieni di materiali e non abbiamo dove metterli".