TERESA SCARCELLA
Cronaca

Bloccati sul Monte Rosa. “Notte a 15 gradi sotto zero, sofferenza atroce”

L’ex primario Mauro Pratesi e l’ingegnere Filippo Belloni salvati nella neve. “Non avevamo nulla, ore senza acqua e cibo. Catena d’emergenza impeccabile”

Filippo Belloni e dietro Mauro Pratesi, la mattina della partenza sul Monte Rosa

Filippo Belloni e dietro Mauro Pratesi, la mattina della partenza sul Monte Rosa

Firenze, 3 agosto 2025 – Una notte insonne, a -15 gradi, senza né cibo né acqua. Se la sono vista brutta Mauro Pratesi, 73 anni, ex primario di medicina d’urgenza all’ospedale Santa Maria Nuova di Firenze, e Filippo Belloni, ingegnere 53enne. Alpinisti esperti con, rispettivamente, 40 e 10 anni di scalate nei piedi e nelle mani, di cui gli ultimi 5 insieme. Domenica 26 luglio sono rimasti bloccati a 4mila e 400 metri di altezza sul Monte Rosa, dopo una giornata faticosa, in cammino verso il rifugio più alto d’Europa, Capanna Margherita. “Non saremmo sopravvissuti a un’altra notte” è la loro presa di coscienza a distanza di una settimana. Ma oggi la disavventura è alle spalle e possono raccontarla. Filippo si è rimesso subito in cammino, in modo più soft (oggi era in Trentino): “Per evitare il blocco psicologico, come quando caddi da cavallo. Se non rimonti subito, rischi di non farlo più”.

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La macchina dei soccorsi ha funzionato in modo impeccabile e i due uomini sono stati tratti in salvo dopo una notte al freddo sul Monte Rosa (Foto di repertorio)

Mauro, invece, ha optato per una domenica di relax dopo il forte stress della settimana prima. Ne sono usciti fisicamente provati, inutile dirlo. “Era un percorso impegnativo, lo sapevamo già, ma lo volevamo fare da tempo - racconta Mauro, parlando della Cresta Signal, Monte Rosa appunto -. Pensate che per arrivare al bivacco da cui si parte, ci sono 2mila metri di dislivello. Quel giorno aveva nevicato e questo ci ha rallentato tantissimo. Nel tardo pomeriggio, poi, il tempo è cambiato, le temperature sono calate. E sulle rocce si è formato un sottile strato di ghiaccio. Non siamo riusciti ad andare avanti”. Sono stati costretti a fermarsi e a prepararsi per la notte. Erano le 21 quando hanno chiamato i soccorsi, ma non avrebbero potuto raggiungerli. “È stata una notte infinita. Una sofferenza atroce - raccontano - per fortuna eravamo equipaggiati per il freddo. Non abbiamo dormito, ci si teneva svegli a vicenda”.

Le conoscenze mediche di Mauro avranno sicuramente aiutato. “La cosa positiva è che avevo i tremori, che sono il primo stadio dell’ipotermia - ci spiega l’ex primario - i problemi arrivano quando scompaiono i tremori e inizi ad aver sonno”. Le ore sembravano non passare mai. Ogni tre tiravano fuori il cellulare, lo riscaldavano con il corpo per evitare che si bloccasse, e chiedevano aggiornamenti ai soccorsi. “L’unico pensiero era quello di superare il minuto successivo”.

La mattina dopo il vento non si era placato. Non subito almeno. Capanna Margherita era lì, a meno di 100 metri dalle loro teste, dai loro corpi esausti. Rimettersi in cammino, seppur per poco, era impossibile. Troppo stanchi. Sentivano le voci delle guide che si accertavano delle loro condizioni di salute. Qualcuno ha provato anche a calarsi per recuperarli, senza però riuscirci. Poi l’arrivo del primo elicottero, che ha dovuto cedere al vento troppo forte. “In quel momento, quando l’ho visto andare via, ho temuto il peggio” confida Filippo. Ma il peggio non c’è stato. A mezzogiorno l’elicottero è tornato ed è riuscito ad avvicinarsi. Ha preso a bordo Mauro e lo ha portato subito in ospedale. Mentre le squadre di terra del soccorso alpino hanno teso una mano a Filippo. Con loro è riuscito ad arrivare in cima e da lì ha raggiunto l’amico in ospedale. Hanno passato lì la notte, al caldo, per poi tornare a Firenze il giorno dopo. “La catena d’emergenza ha funzionato in modo impeccabile, è giusto dirlo - conclude Mauro - Questa esperienza mi ha segnato, alla mia età, la riserva funzionale si riduce. D’ora in poi mi dedicherò a percorsi più tranquilli, più bassi. Con le vie impervie direi che ho chiuso”.