REDAZIONE FIRENZE

Quando a morire sono i fantasmi

Dopo una tragedia sul lavoro a Firenze, si evidenzia il dolore delle vittime e delle loro famiglie, chiedendo di non dimenticare i nomi e le storie di coloro che hanno perso la vita.

Le parole non bastano per immaginare una morte tanto orrenda: giovani, meno giovani, uomini a un passo dalla pensione massacrati, schiacciati e resi irriconoscibili sotto travi pesanti tonnellate. Un bel giorno un’inchiesta e chissà quante contraddittorie perizie spiegheranno il perché di questi lutti.

Sarebbe sufficiente guardare i volti dei vigili del fuoco, loro che con la morte e le tragedie camminano a braccetto, per capire cosa hanno visto là sotto, nell’inferno di cemento. Come sulla Marmolada, quando gli uomini del Soccorso alpino recuperavano gli arti divelti dalla furia della valanga o anche solo un effetto personale, atto di pietas per chi resta.

E soprattutto, guardando quelle facce stanche e trafitte capiamo cosa sia stato risparmiato a noi.

Colpisce come un cazzotto allo stomaco che a 48 ore dalla più grande tragedia che il mondo del lavoro fiorentino rammenti, si faccia fatica a ricordare le vittime. A dargli un nome, un volto, una storia. Eppure hanno famiglie, sorelle, madri, figli arrivati in città in silenzio da Bergamo, Brescia, Perugia. E finite a Careggi per identificare chi nemmeno una mamma saprebbe in alcuni casi riconoscere.

Quello sgomento lo ha raccontato Ludiana, la giovane barista di via Mariti. Figlia di un muratore albanese immigrato che ogni mattina alle 6 accoglieva le squadre di muratori per un cappuccino e una pasta, prima di cominciare il turno arrampicati nello scheletro di ferro. Ha raccontato, lacrime agli occhi, la sua paura di bambina quando il papà non chiamava casa, anche per giorni. Ha rivissuto lo stesso strazio.

"Chiamateli per nome - ci ha detto - e non soltanto extracomunitari". Perché Mohamed 54 anni, Mohamed, 24, Taoufik 43 e Luigi (unico italiano) sono morti accanto alle nostre case, di fianco alle nostre vite, per costruire il nostro supermercato. Mentre la vita di un quinto operaio, Bouzekri Rachimi è sospesa nel limbo dei dispersi. E con loro Teodor, Cristel e Kristinel, il destino - stavolta sì - gli ha risparmiato la vita. Ma gli ha assassinato l’anima.