Propaganda Quando la lotta era anche fisica

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Giovanni

Morandi

Quando non c’erano i social - che hanno fatto calare il silenzio e il mondo è diventato il regno del ticchettio e del bisbiglio -, la guerra elettorale era chiassosa, emotiva, muscolare e spesso combattuta di notte tra bande avversarie pronte ad affrontarsi senza troppi complimenti. Questo diverso tratto caratteriale tra allora e ora è bene ricordarlo per capire la mancanza di fervore che c’è oggi e anche per spiegare la malinconia che suscitano quegli spazi elettorali riservati ai manifesti, che rimangono vuoti, come possiamo verificare sui lungarni, a Ponte a Niccheri, nelle piazze del centro e altrove. Sono spazi che rimangono vuoti perché la guerra dei manifesti di carta è diventata anacronistica. E non è più il suo tempo perché siamo cambiati, non ci scaldiamo più, non abbiamo più né l’età né la testa per passare la notte fuori ad incollare manifesti e a strappare quelli concorrenti. Non rovesceremo più la colla nelle auto degli attacchini concorrenti perché siamo diventati civili e perché non abbiamo più voglia. La città era lo specchio di quelle passioni esagerate, che non sapevano cosa fosse l’inquinamento ambientale o quello acustico. Le strade erano coperte di volantini, gli slogan erano strillati dagli altoparlanti piazzati sulle auto. “Vota partito comunista vota il primo simbolo in alto a sinistra”. Via Calzaiuoli e via Martelli, via Cerretani erano attraversate dagli striscioni dei candidati. La campagna elettorale era una gran baldoria. E tutti facevano la loro parte, anche i preti. Come don Marcello Pola, che era un mito. Era del nord, istriano?, lo chiamavano il tedesco ed era parroco della chiesa di San Giuseppe in pieno rione di Santa Croce, che aveva, per capirci, la più alta concentrazione di comunisti nel mondo. Gli scontri tra attivisti del Pci e della Dc erano all’ordine del giorno, anzi della notte, e i democristiani ne uscivano sempre malconci. Lo venne a sapere don Pola, gli dette di babbei, e prese in mano la situazione organizzando squadre di addetti al servizio d’ordine, leggi gente che menava. E il risultato fu raggiunto, quei tipacci riuscirono a fermare le incursioni e le azioni di disturbo dei comunisti. Certamente il voto definitivo nazionale non dipese da don Pola e dai suoi difensori ma un qualche merito lui e loro lo ebbero perché anche nel rione di Santa Croce la Dc vinse e i comunisti persero.

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