Su Ponte Vecchio tramonta il mito."Senza turisti finisce l’età dell’oro"

A Firenze le 48 botteghe degli orafi non riaprono: "I clienti non ci sono, serve una legge ad hoc sul turismo" Previsioni pessimistiche, il mercato tornerà a muoversi solo nel marzo 2021. "Ma non vogliamo licenziare"

Fase 2. Ponte Vecchio, negozi chiusi

Fase 2. Ponte Vecchio, negozi chiusi

Firenze, 22 maggio 2020 - «Non ce la faccio a smettere, piango ogni cinque minuti se penso al Ponte Vecchio così, se lo vedo sempre bello, ma svuotato dalla sua anima, quella del commercio, senza i turisti e i clienti che sgranano gli occhi di fronte alle vetrine delle botteghe". Laura Giannoni, commerciante in oro e argenti, già presidente dell’associazione dei negozianti, è di casa e famiglia proprio lì, dove l’Arno guarda gli Uffizi e respira il profumo di Boboli: uno dei luoghi simbolo di Firenze nel mondo, uno dei più consumati (tanto che alcuni anni fa si pensò che fosse il più adatto al numero chiuso), una delle cartoline più amate dall’alba al tramonto.

Il coronavirus ha infettato gli affetti e gli affari al Ponte Vecchio. Qui la fase 2 non è mai iniziata, siamo in profondo lockdown. Le fa eco Giuditta Biscioni, attuale presidente dell’associazione Ponte Vecchio: "Abbiamo preferito non riaprire perché fino a pochi giorni fa non c’erano linee guida chiare e perché siamo frenati dal fatto che la maggior parte del nostro lavoro è con il turismo. E poi abbiamo costi non sostenibili".

L’obiettivo è riavere un minimo "di normalità dal 3 giugno, con le riaperture tra le regioni, sperando che possa tornare almeno il turismo italiano". Biscioni precisa che le botteghe hanno anche la loro "clientela fiorentina" ma questo non basta per far tornare i conti. Già, i conti. Non tornano e potrebbero non tornare fino al marzo 2021 quando si spera in un mercato ’normale’. I più in difficoltà sono coloro che hanno la bottega in affitto: il minimo è sugli 8mila euro al mese, ma si arriva anche a 20mila. "Per fare pari bisogna incassare non meno di 50 mila euro. E come facciamo ora col deserto?" continua Giannoni.  

Anche i commercianti del Ponte Vecchio soffrono di ritardi e burocrazia: i soldi della "cig" non arrivano ai dipendenti, i prestiti ’miraggio’ da 25mila euro per i titolari. "Non chiediamo più di altri, ma di diverso - conclude Giannoni - ci vuole un piano per il turismo e per le città che vivono di questo settore come Firenze, Venezia e Roma. Servono risposte sicure e certe. Altrimenti non riapriamo e diamo opportunità agli sciacalli di trovare terreno fertile su cui muoversi". © RIPRODUZIONE RISERVATA

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