Pestato in discoteca. Condanna definitiva per il killer latitante: "Ma ora prendetelo"

La Cassazione: 23 anni al ceceno, che era stato incastrato da un video. Fuggito in Spagna, è sparito nel 2021. L’Interpol gli dà la caccia. Il padre della vittima: "Adesso partano davvero le ricerche".

Pestato in discoteca. Condanna definitiva per il killer latitante: "Ma ora prendetelo"

Pestato in discoteca. Condanna definitiva per il killer latitante: "Ma ora prendetelo"

È finita. Anzi no. "Adesso trovatelo", dice Luigi Ciatti, il babbo di Niccolò, ucciso a 22 anni durante una vacanza a Lloret de Mar dal calcio assassino alla testa di un ceceno che non aveva mai incontrato prima. Rassoul Bissoultanov è stato condannato un’altra volta. L’ultima: la prima sezione penale della Cassazione ha confermato i 23 anni inflitti nei due precedenti gradi di giudizio dalla corte d’assise di Roma.

Una sentenza che riporta l’ago della bilancia della giustizia più vicina a una famiglia che dall’estate del 2017 lotta per una condanna esemplare: la sentenza italiana arriva prima di quella della Spagna dove i giudici, pur contestando l’omicidio volontario a carico del ceceno, complice un codice più clemente, si erano fermati a quindici anni di pena.

Dunque è quella che verrà applicata, quando potrà essere eseguita. Resta l’amarezza per la fuga dell’assassino, neo che guasta anche la giornata in cui babbo Luigi, la mamma Cinzia, la sorella Sara, gli zii Marco e Rosy, assieme agli avvocati Agnese Usai e Massimiliano Stiz, possono accennare un sorriso. Ma non basta. "Questo è il primo passo ma adesso va ricercato affinché vada in carcere perché purtroppo Niccolò non può fare quello che fa lui e non è giusto", aggiunge Luigi.

L’incubo di questa famiglia è cominciato nella notte tra l’11 e il 12 agosto 2017. Ciatti e la sua comitiva fiorentina di amici erano in vacanza in Costa Brava. L’ultima sera alcuni di loro, tra cui Niccolò, la trascorsero al St Trop, un locale dove si teneva una festa di ’Scuolazoo’. Ma tra tanti italiani, s’imbucarono tre ceceni. Tra loro Rassoul Bissoultanov, muscoli pompati, lottatore di greco-romana convertito all’Mma.

Neanche i processi – celebrati sia in Spagna, che in Italia – hanno mai chiarito cosa scatenò la furia omicida del picchiatore. Ma un tragico video, fatto con lo smartphone di un altro giovane presente in quella discoteca, inquadrò da subito la violenza di una sequenza di pochi ma terribili secondi. Bissoultanov, spalleggiato dai connazionali (nei confronti di uno dei quali pende uno stralcio presso la procura di Roma), con una tecnica paramilitare assestò alla testa di Niccolò, suo coetaneo, un calcio alla tempia che non lo fece più risvegliare. I genitori fecero in tempo ad abbracciarlo per l’ultima volta, prima che i medici dell’ospedale di Blanes ne sancissero il decesso. Nel frattempo, i mossos d’esquadra, la polizia della Catalogna, fermarono i tre, ma trattennero solo Bissoultanov. Quel video suonava come una condanna, ma il percorso della giustizia spagnola è stato incredibilmente tortuoso. Pastoie burocratiche, ritardi, la pandemia: alla scadenza dei termini della carcerazione preventiva (quattro anni), il processo di Girona non era ancora iniziato. Così, il ceceno assistette da libero al dibattimento che si concluse con la sua condanna al minimo della pena.

Nel frattempo anche l’Italia, insoddisfatta di modi e tempi iberici, decise di avviare un proprio procedimento. Che culminò nell’emissione di un mandato d’arresto europeo. Il 3 agosto del 2021, durante un permesso, il ceceno venne fermato in Germania, dove non poteva essere. I tedeschi assecondarono la richiesta dell’Italia e lo estradarono. Sembrava la fine del braccio di ferro sulla competenza: da detenuto in Italia, la Spagna avrebbe dovuto prendere atto dell’assenza del suo imputato e avrebbe dovuto abbandonare il processo. Ma un inaspettato provvedimento del tribunale di Roma, concesse di nuovo la libertà al ceceno. Che fuggì in Spagna dove poi, nell’estate successiva, fece perdere le sue tracce.

Oggi è uno dei ricercati sul sito dell’Interpol. Quando sarà preso, finirà nelle carceri italiane. Già, quando. Un appello che rasenta la supplica, quello di Luigi: "L’Italia adesso lo cerchi sul serio".

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