Stefano Cecchi Adesso li appelliamo come "sardine", allora li chiamammo "girotondini", ma la materia politica che li compone è sempre lo stessa. Ovvero: un pezzo di sinistra che non ritiene più gli uomini del suo partito in grado di contrastare duramente il nemico del tempo, (oggi Salvini, allora Berlusconi) e dunque scende in piazza con l’idea di rappresentare l’anima pura dell’area, quella incorrotta dalla gestione del potere. Un’utopia? Chissà. Di certo fu questo il movimento che all’inizio del 2002 , nel pieno della seconda era berlusconiana di governo, decise di gridare ai democratici di sinistra di fare cose che secondo loro fossero di sinistra, spernacchiando i dirigenti, fossero questi il segretario Fassino o il presidente D’Alema, perché ritenuti in qualche modo conniventi con il nemico forzista. Li chiamammo appunto "girotondini", per quella fascinazione da scuola materna che ebbero di girare mano per mano intorno ad alcuni palazzi di giustizia, e proprio a Firenze ebbero la capitale ideale. Perché, è vero, il primo evento simbolo lo si ebbe a Roma il 18 gennaio 2002, quando un gruppo di persone manifestò davanti al ministero di Grazia e Giustizia rispondendo all’appello del procuratore di Milano, Saverio Borelli, a "resistere, resistere, resistere" contro chi voleva chiudere politicamente la stagione di Mani pulite. Ma fu a Firenze, il 24 gennaio 2002, che si tenne la cosiddetta "marcia dei professori", con 15mila persone a sfilare per le vie della città inaugurando il rito del girotondo. Fu lì che la figura di Paul Ginsborg, fino ad allora semplice professore di storia contemporanea all’ateneo fiorentino, conquistò una visibilità nazionale, ponendosi insieme a un altro fiorentino, Pancho Pardi, come uno dei referenti di spicco del movimento. Due personaggi diversissimi, Paul e Pancho. Uno, Paul, dottorale, accademico, con l’aplomb che gli derivava dagli studi a Cambridge. L’altro Pancho, arruffato, movimentista, torrenziale, con quell’aria ...
© Riproduzione riservata