STEFANO BROGIONI
Cronaca

Pasticcio in tribunale. Sentenza scritta prima dell’udienza. I giudici in difesa: solo una bozza

Maltrattamenti in famiglia, il legale dell’imputato consulta il fascicolo e scopre il dispositivo già pronto. Processo interrotto e richiesta di ricusazione alla Corte d’Appello. Avvocati in rivolta: "Uno scandalo".

"Il tribunale visti gli articoli 533 e 535 codice procedura penale, dichiara l’imputato colpevole del reato a lui ascritto e lo condanna alla pena di anni 5 mesi 6 di reclusione, oltre al pagamento delle spese legali". Questa la sentenza che il collegio del tribunale di Firenze avrebbe probabilmente pronunciato al termine di un processo per maltrattamenti in famiglia. Niente di strano, se non fosse che il dispositivo della sentenza era invece già stato scritto prima ancora della discussione, cioè del momento in cui il pubblico ministero avanza le proprie richieste (che possono essere anche di assoluzione) e la difesa argomenta la propria linea. Quella anticipazione della sentenza era dentro il fascicolo del dibattimento, che il difensore dell’imputato stava consultando prima dell’inizio dell’ultima udienza.

Uno scivolone – se non qualcosa di peggio – in cui sono incappati tre giudici della seconda sezione penale del distretto fiorentino. In seguito alla scoperta, l’avvocato dell’imputato ha presentato istanza di ricusazione alla corte d’appello. Ma prima, in aula, ci sono stati momenti di imbarazzo. Un botta e risposta tra il legale e i giudici: alla richiesta del difensore dell’imputato di un termine per ricusarli, i giudici hanno risposto che quel dispositivo (recante la data del 18 ottobre 2023, ovvero l’udienza precedente in cui si era andati troppo per le lunghe) era una bozza, che non era indicativa di alcuna decisione e che tale modalità spesso veniva utilizzata dal collegio il quale non era vincolato a tale bozza che poteva cambiare, anche, in una decisione di assoluzione.

Ma il dispositivo, allegato dall’avvocato all’istanza di ricusazione, era come pronto per essere letto e consegnato: c’era l’intestazione del tribunale di Firenze, numero di procedimento, nome e cognome dell’imputato, marocchino. E pure la pena, con sanzioni accessorie come "la sospensione della responsabilità genitoriale per 11 anni" e "l’interdizione legale durante l’esecuzione della pena".

"Il 14 febbraio si è manifestato uno di quei temibili e sottaciuti timori di ogni avvocato penalista – stigmatizza il direttivo della Camera Penale di Firenze –. Alcuni dati sono palesi. Una decisione era già stata assunta dal Collegio giudicante. Quella decisione era stata assunta senza ascoltare le conclusioni delle parti, era completa e non certo poteva trattarsi di una ’bozza’. Quella ’bozza’ è sfuggita dalle mani di qualcuno e solo il caso l’ha fatta rinvenire. A fronte di tali dati resta una amarissima realtà: qualunque fossero state le argomentazioni del pm e della difesa, non avrebbero minimamente inciso sulla decisione già assunta dal tribunale".