
Cosimo
Ceccuti
A distanza di sedici anni dalla scomparsa di Oriana Fallaci, i consigli comunali continuano a dividersi sull’opportunità o meno di ricordarla (ultimo caso, proprio ieri, Livorno che ha detto no). Pesa nel contendere la strumentalizzazione politica: da destra arrivano proposte, ritenute talora provocatorie, da sinistra si reagisce rifiutandole. Molte città, hanno finalmente superato l’impasse intitolando a Oriana piazze, vie, larghi, giardini. La sua Firenze, dopo non poche discussioni, le ha dedicato un piazzale alla Fortezza e la fermata della tranvia, "Strozzi-Fallaci". E così Milano, Venezia, Prato, Perugia, Arezzo, Portoferraio, Piombino, Fossano... Le proposte a mio avviso dovrebbero essere avanzate nel segno della cultura, senza distinzioni di parte. Non tutti hanno condiviso né condividono certe posizioni estreme di un personaggio scomodo, al pari dei toni particolarmente accesi, da crociata. Oriana Fallaci è stata tuttavia personalità unica nel giornalismo italiano dal dopoguerra ad oggi. Prima donna corrispondente di guerra, dotata di una intelligenza e di un coraggio non comuni, con straordinarie capacità di comunicazione, la grande giornalista scrittrice ha svolto la professione e l’intera sua esistenza coerente alle proprie idee, custode irreprensibile dei valori di libertà, di democrazia, di pluralismo, di tolleranza. Pronta a difendere i diritti e la dignità delle donne in qualunque tipo di società. Le sue opere, Niente e così sia, Lettera a un bambino mai nato, La rabbia e l’orgoglio, Intervista con la storia restano autentici long seller nel panorama della letteratura internazionale. Ho conosciuto personalmente Oriana nel 1995 a Pian dei Giullari. Giovanni Spadolini, amico e collega, era scomparso da pochi mesi: è stata la prima persona a visitare la "casa dei libri", a "respirare" la cultura, l’amore per la storia. "Non sarei mai venuta nella casa del Presidente Spadolini – mi confidò uscendo – se fosse ancora in vita. Qualcuno avrebbe potuto pensare al tentativo di accattivarmi la benevolenza di un potente". Il suo genuino spirito d’indipendenza, che l’aveva spinta a militare giovanissima nella Resistenza (staffetta partigiana a quattordici anni) e più tardi a stigmatizzare ogni forma di integralismo, specie quello islamico, non è stata mai sfiorata dall’ombra del compromesso.