
Il pianista fiorentino Alessandro Lanzoni
Non è più il ragazzo talentuoso degli esordi, ma un artista in continua evoluzione. Alessandro Lanzoni è una realtà della scena jazz italiana, un team leader e un compositore di talento. Il pianista nato a Firenze nel 1992 continua a confermare la sua lucidità espressiva. Lo farà anche nel concerto per piano solo di stasera alle 21,30 all’Antisalotto Culturale di via della Fornace, dedicato alla presentazione fiorentina dell’album ’Bouncing with Bud’, pubblicato dalla label spagnola Fresh Sound. Un’occasione per ricordare il padre del pianoforte jazz moderno e per gustare i guizzi creativi di Lanzoni.
Alessandro, come nasce questo tributo a Bud Powell? "È sempre stato per me un riferimento. Magari è arrivato un po’ dopo rispetto ai miei primissimi idoli, Bill Evans e Keith Jarrett. Allora suonavo solo musica classica e il loro pianismo è stato un ponte per avvicinarmi al jazz. In seguito ho scoperto Bud Powell e Thelonious Monk, due fari del be-bop, che sono stati per me importantissimi".
Cosa l’ha colpito della loro arte creativa? "La genialità di Monk, la sua originalità veramente unica, e attualissima, che continua a essere oggi un mistero che si rinnova. Ascoltare Bud Powell è come sentire un Charlie Parker che invece del sax suona il pianoforte. È stato il primo a emanciparsi col piano: un solista pazzesco, per espressività musicale, urgenza creativa".
A cui rende omaggio con un album e dal vivo? "È un tributo a uno dei miei eroi. Le sue composizioni sono un materiale musicale in cui posso trovare la mia strada. È un grande stimolo il suo modo di scrivere e amo suonare sui suoi brani, improvvisare su quelle strutture che superficialmente potrebbero sembrare standard jazz, ma che racchiudono sempre qualcosa di particolare, di di sofisticato. Lo farò questa estate anche al festival di Laigueglia, il 17 luglio al Gaeta Jazz Festival e il 19 luglio anche a Umbria Jazz Festival. Poi suonerò anche con il mio trio e Francesco Cafiso".
Entrambi i suoi genitori sono pianisti? "Sì, insegnano al conservatorio pianoforte classico e mia sorella è violinista. C’è sempre stato in casa un forte spirito musicale, ma non avevano idea di cosa fosse il jazz. Quindi in qualche modo mi sono staccato da quella tradizione. Ne sono contento, ma non mi sono messo a suonare metal, ho mantenuto un certo tono".
Che rapporto ha con la scena jazz toscana e fiorentina? "Intenso, anche ora che mi sto appassionando a suonare l’organo Hammond. È un universo in continua crescita, anche grazie alla vicinanza con Siena Jazz, dove insegno, come al Conservatorio di Padova. Da Siena vengono fuori un sacco di ragazzi con tanto talento e passione. Manca invece chi sostiene economicamente questi talenti. Le occasioni per suonare poche, come i locali, ma è sempre più importante fare concerti di qualità, stabilire un dialogo sottile e sincero tra i musicisti e il pubblico".