
Giornalista e politico. Il saluto prima delle corrispondenze: «Qui Nuova York, vi parla Ruggero Orlando»
Quando lo spettatore di qualità si reca al cinematografo, ha cura d’entrare all’inizio della pellicola in modo da poterne ordinatamente seguire lo sviluppo, da cima a fondo. In un’epoca trascorsa non era così nei films si creavano con la mentalità dell’ingresso continuato. Opere di contenuto soprattutto coreografico, interessavano per l’apparato scenico e per la reazione che l’agitarsi degli eventi e delle passioni imprimeva sul volto dei protagonisti, si che non riduceva la commozione conoscere prima o dopo le sorti dell’intreccio; per quanto consci del lieto fine appiccicato e inessenziale, come pur oggi si usa, gli animi trovavan modo di colmare ad ogni avventura la loro voglia di palpiti. Eravamo fanciulli quando Cabiria si proiettava sul palcoscenico del Costanzi di Roma, e vi era un insolito, grande, bianco schermo: la sorte dura del forte schiavo Maciste legato alla mola, l’arder de’ bimbi nel ventre di Moloch, la scalata delle mura di Cartagine per la gradinata di scudi in testuggine ci prendevano e maestrevolmente avvincevano anche i babbi e le mamme. L’abilità dei creatori consisteva nello spiegare un apparato di seducenti particolari e secondaria preoccupazione apparivano la notorietà o la prevedibilità della vicenda andavamo al cinema a godere le storie vere o romanzesche già lette, ricostruite in personaggi visibili e in ambienti.
Come nelle sacre rappresentazioni, come nella tragedia greca, come negli spettacoli dei cinesi o dei giapponesi, i quali per secoli tornano a vedere e a sentire i loro drammi, sempre gli stessi, cosi il cinematografo evocava più che la nostra curiosità la nostra memoria, dandole la soddisfazione di ritrovarsi; mentre negli altri esempi, però, lo stimolo umano per l’attenzione di carattere religioso, artistico o sentimentale, fissato in elementi che tendono a rinnovarsi rimanendo uguali a sè medesimi, il piacere del cinema era di curiosità meccanica, la constatazione di un volto e di un vivere definiti, attribuiti alle quasi astratte conoscenze della nostra cultura: nè, dopo ormai una trentina d’anni, ha ancora cessato di stupire l’umanità il mero fenomeno dell’ombra che vive e adesso, per di più, parla. Superare la mentalità fotografica. Che importava s’eran noti a molti gli amori di Mare’Antonio e Cleopatra o il terrore soldatesco della notte di San Bartolomeo? In seno ad essi erano incastonati tratti di vita, In qua le di subito materiava concretamente quelle immagini, cui si annetteva inscindibile: anche i films prodotti con.. sforzi di inventiva e nuovi del tuffo partecipavano di tale mentalità proverbiata e didascalica. L’azione era lenta, chè a nessuno sfuggissero le minime movenze; ogni gesto creato come se destinato a restare celebre, la posa ininterrotta; le stesure accentrate intorno ad alcuni, relativamente pochi, dettagli fondamentali. Il cinema rimaneva figlio fatto gigante della fotografia ed era statico. Il suo vero progresso, al punto attuale, consiste nell’essersi disteso a mano a mano sul tempo, partecipandone della nobile natura: la trama maturò di polittico in azione continua. E’ importante seguire da questo punto di vista qui lo sviluppo della cinematografia, malgrado la folla enorme di corollari e di eccezioni in contrasto con le direttrici fondamentali: ne nasce la sua estetica definitiva, la quale è questione di ritmo. Vi è dentro il senso principale, per cui non disdice a persone dal gusto raffinato occuparsi di cinematografo e apprezzare il piacere spirituale di una serata trascorsa dinnanzi a un bel film; come ogni vero capolavoro risulti definito dal conveniente alternarsi di azioni accentrate rarefatte, dall’uso appropriato di spostamenti e di fissità visuali, dalla lunghezza o dalla rapidità dei tagli; come certo trasmutare di quadri o rallentar di vicenda abbia le caratteristiche vere e proprie della pausa, come dal moto uniforme della celluloide entro l’ordigno meccanico le figure che fotochimicamente hanno impressionato i fotogrammi possano derivare un "polso". I momenti tecnici della lavorazione che più concretano l’intuizione artistica del ritmo sono i due che precedono e seguono la ripresa cinematografica: sceneggiatura e montaggio.