
I carabinieri (foto d'archivio)
Firenze, 2 settembre 2017 - LE FINESTRE lasciate socchiuse hanno lasciato passare sempre un filo d’aria. Chiusa la porta di casa, niente segni d’effrazione. Di Daniele Cerracchio Cini, 58 anni (li avrebbe compiuti il 25 settembre prossimo) nessuno sapeva più niente da due, forse tre mesi. Nessuno dei vicini o dei parenti l’aveva più visto o sentito. L’hanno ritrovato giovedì mattina nel suo appartamento di via San Brunone 10, al Galluzzo, seduto su una poltrona in cucina, il corpo decomposto, quasi mummificato sembra devastato dai morsi di animali. Sono stati alcuni condomini a chiamare i carabinieri: «C’è un gatto che entra ed esce, è denutrito, c’è un po’ di odore....».
Il maresciallo Giordano, comandante della stazione del Galluzzo, è andato sul posto coi suoi uomini e ha sentito subito l’odore acuto, fortissimo. Inconfondibile specie per un investigatore. Significava una sola cosa: in quell’appartamento c’era un cadavere e c’era da molto tempo. Con il caldo feroce di quest’estate poi... Sinceramente: i carabinieri si sono stupiti un po’ nel constatare di non essere mai stati chiamati, prima di giovedì scorso....
Sono dovuti intervenite i vigili del fuoco del nucleo Nbcr (nucleare-biologico-chimico-radiologico) coperti da scafandri, impegnati a operare nelle condizioni più difficili. E’ stato avvertito il pm di turno Ester Nocera, ma non ci sono gialli, «la morte è dovuta al 99,99% a cause naturali» e a ogni modo qualsiasi dubbio sarà fugato dall’autopsia, disposta per martedì prossimo. Probabile che a uccidere Daniele sia stato un malore fulminante, nel contesto di una situazione di salute forse diventata un po’ cagionevole.
QUI PIÙ che il giallo c’è il colore nero, tetro, della solitudine e della depressione. Si era come ritirato dal mondo Daniele; un eremita in mezzo agli altri. Caduto in una sorta di negazione della vita futura e della realtà, aveva smesso di lottare. Rinuncia, negazione, abbandono, capitolazione: non sono considerazioni così, piuttosto sono avallate dai fatti che hanno precipitato quest’uomo in vortice senza ritorno purtroppo.
La perdita del lavoro – Daniele era stato magazziniere – aveva inferto un duro colpo alla sua autostima e alla possibilità di vivere in maniera decorosa perché «il lavoro ci dà dignità e chi toglie il lavoro agli uomini fa un peccato gravissimo» disse a marzo Papa Francesco durante un’udienza generale in San Pietro.
Da quel tempo – secondo i carabinieri – erano trascorsi già quattro o cinque anni e arrivato ormai ad un’età in cui si è ancora ‘giovani’, ma è impossibile riconvertirsi in un’altra occupazione stabile, Daniele aveva vissuto, tirato avanti, grazie a qualche sussidio e a lavoretti estemporanei. Il colpo era stato duro. Fino a quell’affronto finale della luce, tagliata pare. Di sicuro al momento dell’arrivo dei carabinieri, dei vigili, e del controllo nella casa di via San Brunone non c’era corrente elettrica.
UN FRATELLO e una sorella di Daniele convocati dai carabinieri, hanno confermato che da settimane non lo vedevano. Né l’avevano sentito al telefono. Sapevano certo che viveva in uno stato di indigenza e – indirettamente – l’aiutavano, quando e come potevano. Gli facevano un po’ di spesa, gli pagavano l’affitto e qualche bolletta. Ecco perché anche il fatto della luce pare strano. Però il vero, autentico, grave problema di Daniele era soprattutto di tipo psicologico. I fratelli hanno raccontato che lui non voleva vedere nessuno, che scambiava a fatica anche poche parole di circostanza. La casa era diventata una sorta di sudario.
Da martedì – tardi, molto tardi, troppo tardi – Daniele Cerracchio Cini, offeso nella sua dignità fin dopo la morte, potrà riposare in pace.
giovanni spano