Mostro di Firenze, per Natalino l’incubo continua: «Ma mio padre non uccise»

Il caso dell'uomo che, quando aveva sei anni, rimase incolume nel primo dei delitti che insanguinarono la provincia di Firenze

Natalino Mele in una foto del 1968

Natalino Mele in una foto del 1968

Firenze, 23 giugno 2018 - La sera del 21 agosto del 1968, uscì di casa con la mamma, Barbara Locci, e lo «zio», Antonio Lo Bianco. E lui, che all’epoca non aveva ancora compiuto sette anni, fu l’unico a tornare. Natalino Mele dormiva sul sedile posteriore di quella Giulietta parcheggiata a Castelletti, Signa, mentre la calibro 22 fece fuoco per la prima volta.

Con «Quarto Grado», 50 anni dopo, forse l’unico sopravvissuto al mostro di Firenze rivive quella notte. «Mi svegliai per dei rumori forti… – racconta Mele - poi... vedendo che mia madre era con la testa così, la chiamavo non mi rispondeva, poi vedevo il sangue e... cominciai a piangere... dalla macchina uscii e in lontananza vidi una lucina di una casa. Io mi ritrovai davanti a questa casa qui e chiesi aiuto, cominciai dire che avevano ucciso mia madre. Le uniche parole che dicevo erano “hanno ucciso mia madre”, nel senso… “tenetemi con voi non mi abbandonate” una cosa del genere, capito?».

Tu hai visto in faccia chi ha ucciso tua madre?

«No no, io dormivo. E sa quante volte ci ho pensato?»

Tuo padre per quel delitto si è fatto 15 anni di carcere. Tu avresti riconosciuto se fosse stato tuo padre?

«Sì, sicuramente».

Tuo padre aveva confessato di aver ucciso lui tua madre

«Beh, forse gliel’hanno fatto anche dire... vai a sapere».

Tua madre fu uccisa...

«Sì, fu uccisa, mio padre fu arrestato e io mi ritrovai in questo collegio, all’orfanotrofio (era il Vittorio Veneto, a villa Rusciano, ndr)».

Ti ricordi l’interrogatorio che ti fecero dopo?

«Sì, anche 15 ore di interrogatorio, carabinieri, marescialli, non so chi erano. Mi bruciavano così per dire (mima un accendino vicino al palmo della mano, ndr) e “parla, parla, sennò ti si brucia”. Io piangevo… che facevo? Non so nulla, piangevo, non so nulla, piangevo».

Il rapporto, nella memoria, con tua madre?

«Te l’ho detto... poche cose, ero piccino. Mi ricordo che mia mamma aveva una pezzola in testa. So che mi portava a prendere il panino. C’era l'alimentari di fronte a casa. Ho sempre il solito incubo che mi sveglio e vedo mia madre morta. Quello è un incubo che ho avuto per anni quasi tutte le notti».

Secondo te è stato tuo padre a uccidere tua madre?

«Non penso sarebbe stato capace. A quanto mi diceva mia zia le voleva tanto bene, l’amava. Però la mia sensazione, da come l’ho conosciuto… era cosi mite, tranquillo...».

Ricordi di aver mai visto una pistola in casa tua? O tuo padre maneggiare una pistola?

«No no...».

Quella famosa Beretta?

«No no».

Quindi Pacciani, Vanni, Lotti...?

«Mai visti».

Sei mai stato a trovare tua madre?

«Lo sai che non ci sono mai stato? Ci dovrei andare... prima di morire lo farò».

 

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