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Migrante rischia l'accoglienza per una ricarica telefonica

Il migrante alle 7 esce per acquistare una ricarica telefonica. Al rientro nella struttura, però, viene accusato esplicitamente di non aver trascorso la notte all'interno del centro di accoglienza

Migranti (Ansa)

Pistoia, 10 ottobre 2019 - Esce di buon mattino dal Cas per fare una ricarica telefonica e al suo ritorno si ritrova senza aver piu' diritto all'accoglienza. Il Tar della Toscana, pero', interviene e salvaguarda la sua posizione. È la singolare circostanza nella quale si e' imbattuto un richiedente protezione internazionale nel novembre dell'anno scorso in provincia di Pistoia.

Il migrante una mattina alle 7 esce per acquistare una ricarica telefonica. Al rientro nella struttura, pero', viene accusato esplicitamente di non aver trascorso la notte all'interno del centro di accoglienza straordinario. A ruota si muove la prefettura che avvia la revoca dell'ammissione alle misure di accoglienza, contestando al richiedente protezione internazionale di essersi allontanato volontariamente e senza averne dato pronta comunicazione ai responsabili.

D'altronde viene dedotta la sua assenza dal registro delle presenze del gestore. Il resto si svolge dinanzi alla seconda sezione del tribunale amministrativo regionale, che ieri ha depositato una sentenza che annulla il provvedimento del prefetto. Il ricorrente nega di essersi allontanato durante la notte e che la sua firma non compaia come di regola sul registro, semplicemente perche' l'ha apposta sul rigo sbagliato, riservato a un altro migrante. E in effetti al rigo corrispondente emerge una firma "del tutto simile a quella del ricorrente", si legge nella pronuncia del Tar. Secondo le toghe amministrative, inoltre, e' "plausibile" il racconto dell'acquisto della ricarica. A sua volta la conseguente annotazione a margine della firma collocata al posto sbagliato e' "plausibile" secondo i giudici che "sia stata inserita da un operatore del centro che si era avveduto dell'errore compiuto dal ricorrente".

Ma a invalidare il provvedimento di revoca agli occhi del tribunale e' un ulteriore dettaglio, che restituisce ancora meglio la piega kafkiana ormai presa dagli eventi: l'avvio del procedimento non viene comunicato al migrante. L'amministrazione si giustifica in udienza, argomentando che in questo modo voleva scongiurare che il ricorrente, nel frattempo, potesse fare domanda d'accoglienza in un'altra provincia. Il Tar non lo considera un motivo sufficientemente grave. E, anzi, fa notare che a causa del mancato inoltro del documento di avvio del procedimento e' stato impedito un completo approfondimento istruttorio delle circostanze contestate, causando dunque la soccombenza della prefettura.